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martedì 9 luglio 2013

Relazioni

"Cara Lidia,
stamani ero appena uscito di casa con la macchina, e - come spesso succede - volevo telefonarti.
Le solite operazioni: tiro fuori il telefono di tasca, lo appoggio sul sedile lato passeggero e cerco di posizionare l'auricolare. Ma come sempre, mi occorre rallentare o addirittura fermarmi sul ciglio della strada per dipanare il filo. Se non lo facessi, diventerebbe una matassa inestricabile nel giro di pochi giorni. E' stato in quel momento che ho pensato: anche per le relazioni è così. Ci vuole una frequentazione assidua, forse addirittura giornaliera per far sì che nel giro di breve tempo non si abbia a che fare con un groviglio incomprensibile di roba. Occorre capire, occorre capirsi l'un l'altra, Lidia. Invece ci si abitua a non capire. Un nodino qua, uno là, che vuoi che sia? Ci si abitua ai nodi; si ripassano frettolosamente con le dita, quasi che non ci siano, e ci si abitua, pian piano, ad ignorarli.

Ci si abitua ad un ritratto dell'altro sempre più evanescente e sbiadito, o grossolano,  e non c'è mai tempo per chiarire, per approfondire. Ci si abitua, Lidia, alla mancanza di un quadro dal muro, perfino alla perdita di una persona cara. E' un meccanismo protettivo, dicono, altrimenti sarebbe impossibile sopravvivere, per esempio, alla perdita di un figlio. Ci si abitua, Lidia. Volgendo lo sguardo alla parete si intravede solo la sagoma del quadro; può accadere che per un attimo tornino quei colori vividi, quel campo verde brillante, il contrappunto del giallo dei limoni, un cielo saturo di blu, quasi viola, e si accarezza la possibilità che tutto ritorni, anche tu. Ma è solo un attimo, la parete torna come prima, con quel rettangolo leggermente più chiaro.
Io ho sperato, Lidia. Vedo in te qualcosa di unico, qualcosa che non avevo mai visto prima d'ora. Al punto da essere disposto a mollare tutto per te. Ma dopo un'emozionante incertezza di qualche settimana, mi hai chiarito il tuo punto di vista.
Ineccepibile.

Ma fino ad allora avevo sperato, Lidia. Perché mi piaci. Mi piace il tuo modo di parlare, le tue pause, la tua risata contagiosa, mi piace quando pretendi un abbraccio. Mi piace la tua perenne stanchezza, al limite della malinconia. Il modo in cui descrivi la tua città, mi parli di un libro, un film. Perchè parlo bene con te (a patto di parlare  senza fretta). Perchè mi piaci come donna, e anche per la tua inconsapevole eleganza nei movimenti. Perchè sei eccitante, nuda al chiaro di luna. Perchè tutti questi perchè non li avevo mai visti riuniti in una donna sola.

Perchè ti voglio bene. Perchè sono innamorato di te.   
 
Abbiamo già toccato l'apice della parabola della nostra storia. Siamo volati molto in alto, credo anche tu, io di sicuro, anche perchè non credevo che avresti avuto dubbi su di me, non speravo di interessarti minimamente.
Non mi ritengo "degno di te". E invece per qualche meravigliosa settimana mi hai fatto vivere nella possibilità di costruire un legame forte, a prescindere dal mondo, dalle nostre vite, dalle enormi difficoltà che ci avrebbero atteso. E ti ringrazio per la tua incertezza.
"Se l'amore bussa, apri la porta del tuo cuore. Lascia che si manifesti nella passione di un'amante, nella perfezione del creato, nell'alito divino che eleva verso l'Eccelso." "...anche se le sue strade sono ardue e ripide... e quando vi parla credetegli..." "Non si può toccare l'alba se non si sono percorsi i sentieri della notte..."  Mi cibavo di Gibran nell'attesa, nella possibilità più o meno concreta di dover affrontare epici ostacoli, di dover fare del male a qualcun altro.
Non sapevamo, Lidia, se saremmo potuti andare sempre più in là, ora intuiamo benissimo che stiamo tornando a terra. Probabilmente sarà un atterraggio morbido, borghese, senza spiacevoli conseguenze. Bene così, no? Sto rientrando nei ranghi, Lidia.
Niente più riferimenti al sesso, né telefonate fuori orario. Niente frasi equivoche.
Saremo buoni amici, Lidia. Buoni. La senti l'approssimazione di questo aggettivo? Buoni, alla buona, buonismo, in fondo è buono quel tipo là.
Niente è più perfetto, è solo una fotocopia sbiadita, Lidia.
Saremo buoni amici, e visto ciò che rappresenti per me, questo è già molto, sono grato alla vita di averti incontrato, una specie di dono extra, tipo milionesimo cliente. Ma in queste ore la bellezza di questo dono è offuscata dall'improvvisa e dolorosa consapevolezza di ciò che avresti potuto rappresentare per me.
Buonanotte, amica mia.
Stefano."
 
Rilesse la lettera, l'appoggiò sulla scrivania, la stese sugli angoli e si alzò.
Volse lo sguardo fuori della finestra, stava per albeggiare.
Vide le colline, i limoni, il cielo viola che pareva incendiarsi in un angolo basso. Aprì la finestra, gli parve di sentire un profumo, una fragranza che non riusciva in quel momento a decifrare. Appoggiò i gomiti sul davanzale e chiuse gli occhi. Stette lì per un tempo indefinito, poi tornò dentro.
Prese la lettera, la portò in cucina e la bruciò sul lavello. La parete di colore giallo ocra si ravvivò per un attimo di bagliori rossastri.
Infine andò in camera, entrò nel letto. Strinse le braccia al petto e si addormentò.  

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