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lunedì 27 maggio 2013

Il bivio











bivio



L'auto di lui era ferma, in attesa, nel piazzale. Come sempre. Poi arrivò lei con una gran sfanalata che dette l'impressione alle macchine di direzione contraria che ci fosse un autovelox nei paraggi, qualcuno sfanalò per ringraziare. Scese di macchina e la sfanalata si trasformò in un sorriso.
Lui aspettava trepidante in macchina come uno scolaretto al primo giorno di scuola. Eppure non era il primo. No, affatto. Dio che bella impressione che le fece appena salì. L'analisi di tale impressione gli faceva affiorare una domanda: ma perché non decidevano di andare a vivere insieme? Cosa mancava, oltre al coraggio di farlo? Non era data risposta, e per un attimo il suo volto si rabbuiò. Solo un attimo.
"Ciao tesoro." Intanto si era aggrappato ad una sua mano, la stringeva forte.
"Ciao, mi fai male." Valeria sorrise.
"E questo è solo l'inizio" nonostante l'ingombro della leva nel cambio, si protese ad abbracciarla stretta, più della mano.
"Ahia, che ti prende?"
"Non voglio perderti."
"Sono qua, Davide."
"E domani?"
"Domani no." Si liberò dalla stretta e guardò fuori dal finestrino. Pioveva, si intravedevano le ombre dei cipressetti di contro ai lampioni. Si sentiva il crepitio delle gocce fini sul tetto dell'auto. Le domande si insinuavano piano piano in quell'abitacolo scuro e ovattato, apparentemente senza un gran disturbo. Una ninna nanna di pioggia e di domande.
Valeria si rianimò."Dove andiamo?"
"Messicano?"
"No, preferisco un ambiente tranquillo stasera" si piegò sul lato destro e con la stessa mano si ravviò i capelli."Ho lavorato fino a tardi. No, messicano no. Un'altra sera."
"Hai un'idea allora?"
"Il solito in centro?"
"Va bene" Davide accese il motore e partì.
Il cameriere ebbe un po' di problemi ad accendere la candela, infine ce la fece - non senza un malcelato compiacimento - e ripartì, verso la cucina. Due piccole candele si riflessero negli occhi penetranti di Valeria, ora sembravano luccicare.
"Come stai?"
"Bene. E lei? E la famiglia?"
"Bene grazie." rispose Davide ridendo."No, Valeria, volevo chiederti sul serio: come stai. Come ti senti dentro questa storia."
"E' senza speranza. In banca la darebbero come "pronti contro termine". Insomma, finché dura. Cerchiamo di succhiare il midollo della vita per sentire in punto di morte che eravamo vivi. Diceva così Whitman? Sì, dai. Succhiamolo 'sto midollo. Dai."
Tornò il cameriere.                           
"Due antipasti con affettati, crostini e lardo di colonnata." Disse Davide rivolgendosi al cameriere. "Tu la vuoi la tagliata?"
"Sì."
"E due tagliate con rucola."
Il cameriere versò il Morellino di Scansano nei bicchieri.
Dopo averne bevuto un sorso, Davide si avvinghiò su un pezzetto di focaccia calda.
"Noi, Valeria" ingoiò rumorosamente " stiamo bene insieme. che cosa ci frena? che cosa ti frena?"
"Io" Valeria si mise a giocherellare con una mollica sul tavolo "non me la sento di lasciare mio marito. Tutto qua. Non ce la farebbe senza di me. Mi vuole bene."
"E tu?"
"Io gli voglio bene. Come ad un fratello. Del resto tu non te la sentiresti di lasciare i tuoi figli. No?"
"Non lo so. Vorrei parlartene estesamente."
"Non si risolve a parlarne, Davide. E' come andare in bicicletta. O ci vai o non ci vai."
"Io vorrei andare in bici con te, Valeria."
Il cameriere si schiarì la voce e depose sul tavolo gli antipasti.
"Il lardo è caldo al punto giusto. Vi consiglierei di mangiarlo subito."
"Grazie."
Davide prese il vassoio e porse a Valeria il lardo, il prosciutto della Garfagnana, il crostino con fegatini e quello con il pomodoro. Cascò un pezzetto di pomodoro sul tavolo. Si sparse una macchia d'olio sulla tovaglia di broccato.
"Porca miseria."
"Tanto la devono lavare," fece Valeria " di che ti disperi?"
"Hai ragione." Davide si versò i suoi antipasti. "Non mi devo disperare."
Il tepore sfiorò le labbra, il grasso e il piccante del lardo si diffusero in tutta la bocca. Calore. Calore.
"Vorrei fare l'amore con te, Valeria."
"Anch'io. Lo abbiamo già fatto. E forse lo faremo anche stasera."
"Sì. Ma lo vorrei fare quando io e te lo desideriamo, in qualsiasi giorno della settimana. Non quando hai il corso di yoga. O quando tuo marito va a lavorare fuori. Vorrei farlo quando ci viene in mente e basta. Vorrei fare una vacanza con te. E vorrei anche non guardare l'orologio in ogni momento della sera."
Il calore e la delicatezza del lardo si erano diffusi anche in pancia. Calore, sentiva Davide in quel momento. Lo avvertiva anche Valeria.
Bevvero insieme un altro sorso di vino. Rosso sangue, come la tagliata che arrivò pochi minuti dopo.
La carne era sufficientemente morbida. Usciva sangue ad ogni colpo di forchetta.
"Abbiamo una vita sola. Non c'è un rewind per tornare ad un bivio e imboccare l'altra strada."
"Lo so, Davide. E sono grata alla vita per averti incontrato. Sarebbe potuto non accadere."
"Sì. A volte ci si incontra per caso. Come è successo a noi. Le coincidenze capitano a tutti, bisogna vedere l'importanza che gli dai. Noi abbiamo scelto di continuare a vederci. E' bello. Ma siamo fermi lì."
"Siamo fermi. Mmm..." Valeria alzò gli occhi, tirandosi indietro i capelli con un mezzo giro della testa - proprio come piaceva a Davide -  e si mise ad inseguire, seria seria, un pensiero nell'aria. "Fermi. Siamo fermi. Forse proprio per questo riusciamo a vedere tutto più nitido, no? Come in un ritratto. Fermo. Statico. Tu che ci vedi?"
"Valeria, io vedo noi. E vedo bellezza. Io..."
"E i tuoi figli?"
" Sono così belli. Anche loro. Finora non si rendono conto dei problemi che vivono papà e mamma. Ci stiamo riuscendo. Finora."
"Abbiamo una vita sola: la vita dei tuoi figli, la nostra, la vita di Mauro, quella di tua moglie. Lo vedi come è complicato?"
Davide spinse la forchetta con veemenza su un pezzo di tagliata, ne uscì un rivolo di sangue che andò ad unirsi con l'aceto balsamico."Sì, ma alla fine ognuno deve fare la sua parte e deve pensare al suo di bene; per far bene agli altri deve essere sereno con se stesso, Valeria."
"D'accordo. Va bene. Ma ti ripeto: i tuoi figli. Come la mettiamo?"
Davide prese il tovagliolo, si pulì lentamente le labbra mentre pareva che volgesse lo sguardo all'infinito, avanti a sé, trapassando Valeria. "Non lo so, Valeria. Non lo so. Ma il tempo sta per finire."
"Quale tempo?"
"Quello delle scelte. Rischiamo di fare gli spettatori delle nostre vite."
"Come andava la tagliata?" Irruppe il cameriere togliendo i piatti, anche se in quello di Valeria c'erano ancora due pezzetti di carne. C'era un tempo anche per la tagliata.
"Oh. Bene. Bene direi."Rispose in modo automatico Davide, accompagnato dal sorriso di Valeria.
"Un dolce?"
"No. Grazie. Tu?"
"No." Valeria agitò in segno di rifiuto la mano destra.
"Due caffè" riprese Davide "ed il conto."
Usciti dal ristorante li sorprese una brezza gelida, la pioggia era stata spazzata via. 
"Dove andiamo?"
"Non lo so, Valeria."

Qualche foglia di platano si rincorreva sull'acciottolato. Valeria si strinse a Davide. L'unica certezza che Davide avvertì fu il piacere di quell'abbraccio. Non sapeva nient'altro.

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