"Lacrime lacrime non ce n'è mai abbastanza quando vien su la
scoglionatura, inutile dire cuore mio spaccati a mezzo come un uovo e
manda via il vischioso male, quando ti prende lei la bestia non c'è da
fare proprio nulla solo stare ad aspettare un giorno appresso
all'altro. E quando viene comincia ad attaccarti la bassa pancia,
quindi sale su allo stomaco e lo agita in tremolio da frullatore e dopo
diventa ansia che è come un sospiro trattenuto che dice vengo su eppoi
non viene mai..."
Questo è l'incipit di uno dei sei racconti del libro "Altri libertini" di Pier Vittorio Tondelli.
E' straordinario, come, del resto, tutto il libro.
Il "vischioso male" che gran parte dell'umanità ha vissuto in prima persona viene sostantivato, descritto, dissezionato, semplicemente spiegato in poche righe. Niente astrazioni alla "sono depresso" "sto male da morire" che poco ci mostrano, no. Questo dolore è vissuto in modo esperienziale, percepito interamente con i cinque sensi. L'autore parte dall'incapacità delle lacrime di colmare questo vuoto, poi passa all'utopica ed irraggiungibile immagine di un cuore aperto in due in modo da estirpare direttamente la causa del disagio. Il male viene dipinto in una bestia contro cui non c'è niente da fare, e tradotto in sintomi ben precisi - tremori, ansia, sospiro trattenuto - e localizzato topograficamente - bassa pancia, stomaco, e poi sale lentamente ma non arriva mai - il tutto descritto con ritmo incalzante, va pur bene sacrificare qualche virgola.
"Altri libertini" è tutto così, linguisticamente parlando, proprio come questo incipit: un libro pensato e rivisto e corretto in ogni minimo dettaglio. Questo per quanto riguarda la sua sublime forma.
Ci sarebbe, poi, da parlare della sostanza.
Nel primo racconto, "Postoristoro" viene descritto il mondo e i componenti di una notte di provincia in una stazione ferroviaria. Il freddo, i tossici, gli spacciatori, la puttana, gli amici. Un finale parossistico, la storia di un'amicizia disperata. Un tossico-dipendente da eroina è appena entrato in una terribile sindrome d'astinenza, l'amico si è procacciato una dose che vorrebbe fargli in vena, ma non riesce a trovarne alcuna: "...Giusy gli stringe il laccio ma le vene non escono, gli incavi lividi e neri e più su le macchie gialle di sangue rappreso, niente da fare.". La strada percorribile è una vena del cazzo, ma Giusy, l'amico, deve riuscire a procurargli un'erezione, tenta di masturbarlo, si lancia in un disperato monologo lungo una pagina, denso di concitate frasi degne di una hot-line atte ad eccitarlo e trovargli quella vena, e alla fine ci riesce. Quella pagina densa - solo per chi si ferma alle apparenze - di volgarità è in realtà una poetica dichiarazione universale di amicizia. Chi si fermava alle apparenze fu un solerte magistrato che, in base alla denuncia di un cittadino, ordinò il sequestro del libro per oscenità e oltraggio della pubblica morale. Incredibile.
I protagonisti di questi racconti, per dirla alla Whitman, succhiano il midollo della vita per non scoprire in punto di morte che non sono vissuti. Talvolta si muovono a caso e inciampano, sbattono come falene accecate dalla luce di una lampada, ma vivono ad una velocità supersonica, sperimentano e fanno esperienza - e commettono errori? - sulla loro pelle. I colori di questi racconti sono vividi, saturi. Perfino le sorgenti luminose livide dei neon, o le notti piovigginose, o la lunga autostrada per Amsterdam ti arrivano con le luci e i suoni di un Luna-Park, urlanti e sature di vita che sgorgano sul lettore oltre i confini fisici delle pagine del libro. I protagonisti di questi racconti hanno tre dimensioni: sono dotati, in altre parole, di uno spessore conferito dalle numerose tonalità di grigio, più che dai netti bianchi e neri. Non ci sono né buoni né cattivi, ci sono delle persone cariche di contraddizioni, a volte inzuppate di grandi ideali, spesso connotate da desideri e pulsioni che tutti gli esseri umani hanno, e per questo si rendono reali agli occhi di chi legge. Ci sono soprattutto ragazzi, uomini e donne appartenenti alla marginalità, di quelli che la gente evita con disgusto durante queste feste di natale. Ci sono in questo libro corpi che si abbracciano, si stringono, si penetrano in un disperato bisogno di contatto fisico. Di amore e non solo.
E' una scrittura che mette in gioco l'autore in prima persona, una scrittura che morde e punge e fa male, come a volte lo fa la vita stessa; l'autore riesce a parlare e a far parlare la sua stessa epoca senza mezzi termini, senza alcuna intermediazione. Tondelli diventa uno straordinario strumento che registra la realtà, la realtà che stava vivendo e che descrive con straordinaria lungimiranza e lucidità, riportandola in una forma poetica.
Una poesia lunga 163 pagine.
Pier Vittorio Tondelli, "Altri libertini", Feltrinelli Editore
E' straordinario, come, del resto, tutto il libro.
Il "vischioso male" che gran parte dell'umanità ha vissuto in prima persona viene sostantivato, descritto, dissezionato, semplicemente spiegato in poche righe. Niente astrazioni alla "sono depresso" "sto male da morire" che poco ci mostrano, no. Questo dolore è vissuto in modo esperienziale, percepito interamente con i cinque sensi. L'autore parte dall'incapacità delle lacrime di colmare questo vuoto, poi passa all'utopica ed irraggiungibile immagine di un cuore aperto in due in modo da estirpare direttamente la causa del disagio. Il male viene dipinto in una bestia contro cui non c'è niente da fare, e tradotto in sintomi ben precisi - tremori, ansia, sospiro trattenuto - e localizzato topograficamente - bassa pancia, stomaco, e poi sale lentamente ma non arriva mai - il tutto descritto con ritmo incalzante, va pur bene sacrificare qualche virgola.
"Altri libertini" è tutto così, linguisticamente parlando, proprio come questo incipit: un libro pensato e rivisto e corretto in ogni minimo dettaglio. Questo per quanto riguarda la sua sublime forma.
Ci sarebbe, poi, da parlare della sostanza.
Nel primo racconto, "Postoristoro" viene descritto il mondo e i componenti di una notte di provincia in una stazione ferroviaria. Il freddo, i tossici, gli spacciatori, la puttana, gli amici. Un finale parossistico, la storia di un'amicizia disperata. Un tossico-dipendente da eroina è appena entrato in una terribile sindrome d'astinenza, l'amico si è procacciato una dose che vorrebbe fargli in vena, ma non riesce a trovarne alcuna: "...Giusy gli stringe il laccio ma le vene non escono, gli incavi lividi e neri e più su le macchie gialle di sangue rappreso, niente da fare.". La strada percorribile è una vena del cazzo, ma Giusy, l'amico, deve riuscire a procurargli un'erezione, tenta di masturbarlo, si lancia in un disperato monologo lungo una pagina, denso di concitate frasi degne di una hot-line atte ad eccitarlo e trovargli quella vena, e alla fine ci riesce. Quella pagina densa - solo per chi si ferma alle apparenze - di volgarità è in realtà una poetica dichiarazione universale di amicizia. Chi si fermava alle apparenze fu un solerte magistrato che, in base alla denuncia di un cittadino, ordinò il sequestro del libro per oscenità e oltraggio della pubblica morale. Incredibile.
I protagonisti di questi racconti, per dirla alla Whitman, succhiano il midollo della vita per non scoprire in punto di morte che non sono vissuti. Talvolta si muovono a caso e inciampano, sbattono come falene accecate dalla luce di una lampada, ma vivono ad una velocità supersonica, sperimentano e fanno esperienza - e commettono errori? - sulla loro pelle. I colori di questi racconti sono vividi, saturi. Perfino le sorgenti luminose livide dei neon, o le notti piovigginose, o la lunga autostrada per Amsterdam ti arrivano con le luci e i suoni di un Luna-Park, urlanti e sature di vita che sgorgano sul lettore oltre i confini fisici delle pagine del libro. I protagonisti di questi racconti hanno tre dimensioni: sono dotati, in altre parole, di uno spessore conferito dalle numerose tonalità di grigio, più che dai netti bianchi e neri. Non ci sono né buoni né cattivi, ci sono delle persone cariche di contraddizioni, a volte inzuppate di grandi ideali, spesso connotate da desideri e pulsioni che tutti gli esseri umani hanno, e per questo si rendono reali agli occhi di chi legge. Ci sono soprattutto ragazzi, uomini e donne appartenenti alla marginalità, di quelli che la gente evita con disgusto durante queste feste di natale. Ci sono in questo libro corpi che si abbracciano, si stringono, si penetrano in un disperato bisogno di contatto fisico. Di amore e non solo.
E' una scrittura che mette in gioco l'autore in prima persona, una scrittura che morde e punge e fa male, come a volte lo fa la vita stessa; l'autore riesce a parlare e a far parlare la sua stessa epoca senza mezzi termini, senza alcuna intermediazione. Tondelli diventa uno straordinario strumento che registra la realtà, la realtà che stava vivendo e che descrive con straordinaria lungimiranza e lucidità, riportandola in una forma poetica.
Una poesia lunga 163 pagine.
Pier Vittorio Tondelli, "Altri libertini", Feltrinelli Editore