Mercoledì 29 giugno 2011, mattina. Sto già pedalando da un'ora, concentrato sul cambiamento di regione: mi lascio alle spalle la Cantabria che avevo trovato a Castro Urdiales sotto un diluvio ed entro nelle Asturie, poco dopo la campagna di San Vicente. Mi è sempre piaciuto cambiare regione durante un viaggio. Immaginarsi vite diverse sulla base di linee di confine spesso segnate da valichi o da ponti, linee che demarcano usi e linguaggi e tradizioni, ma che si sviluppano anche in assenza di barriere. Come nell'appennino toscano: a Montepiano si parla un dialetto spiccatamente pratese e a qualche chilometro di distanza, a Castiglion Dei Pepoli, si parla emiliano, senza alcun gradiente di concentrazione tra i due modi di parlare. Qui, tra la Cantabria e le Asturie, di diverso c'è l'altezza dei monti dell'entroterra. Si vedono le cime di duemilacinquecento metri dei Picos de Europa che corrono parallele alla costa. Con il movimento della bici le vette assumono prospettive continuamente diverse, essendo sfalsate su tre file, come lo sfondo di un palcoscenico che è vissuto diversamente in base alla posizione dello spettatore. Questo spettatore - il sottoscritto - si farà tutta la platea da est a ovest, con due scenari diversi: sulla sua sinistra i monti, e sulla sua destra l'oceano, un mare forse indispettito dalla impossibilità di influenzare climaticamente estesi territori: si fa sentire solo su una esile striscia di costa, lo sbarramento dei monti è troppo alto e netto. L'Oceano si arrabbia e si infuria con la costa, frastagliandola a più riprese. Lo scenario della costa è, a mio avviso, ancora più suggestivo dei monti. Scogliere, spiagge, falesie, isolotti in mezzo alla bassa marea. E la vegetazione che degrada direttamente in mare. Per oggi lo spettacolo è assicurato, per giunta reso ancor più gradevole dalla assenza di pioggia e dalle nuvole che si rincorrono giocose. Durante il percorso incontro anche tre estuari che vanno nel mare, ed è bello vedere la commistione di acque diverse. In genere l'Oceano, specie se con l'alta marea e con vento di mare, accoglie con diffidenza l'acqua dei fiumi, quasi una specie di concessione, e in alcuni casi è l'oceano ad entrare nei grandi estuari. Come oggi. Nell'ultimo di questi, l'Oceano si insinua nel fiume Sella - a Ribadesella, appunto - e c'è una stasi tra queste due forze, tale per cui si sono formate dune di sabbia, insenature, e belle spiagge. Più in là riprende vigore lo scoglio, ce n'è uno forato, un arco in mezzo al mare. Le ore trascorrono sulla bici, fatta eccezione per brevi pause con cocacole, bocadillos y tapas. Le frittate di patate, che buone. Si fanno le otto di sera e devo affrontare un'ultima fatica: Una serie di saliscendi con una specie di valico a 500 metri che mi separa da Gijon, meta ultima di oggi. Via via che salgo, c'è un vento fresco e sole. E ombra frammista a sole. Non so come spiegare. Forse le piogge dei giorni precedenti hanno ripulito l'aria e si vedono i contorni più netti, che contrastano con i morbidi chiaroscuri che in genere si apprezzano al tramonto. E' una luce gialla, sembra mattina. Comincia una lunga discesa che mi porta sulla riva del lungomare cittadino di Gijon. Il resto è pura cronaca: albergo, doccia, cena di milioni di calorie. Il vantaggio di mangiare quasi alle undici di sera? Chiedete la zuppa di pesce, vi daranno un pentolone enorme, quello che è rimasto della zuppa di tutta la serata di lavoro. Con buona pace del cameriere piuttosto stupito di riportarlo via praticamente vuoto. Qui c'è lo spettacolo della escanciada del sidro: un cameriere che non fa altro nella vita, passa per i tavoli a riempire i bicchieri di sidro, versandolo dalla bottiglia più in alto possibile e facendo inspiegabilmente sempre centro.
Due passi nel centro di Gijon, c'è un bel centro medievale con una piazza piastrellata in ceramica, tanti vasi di fiori, un arco in pietra grigia che dà accesso alla piazza .
E poi l'albergo, a nanna.
Buen camino
1 commento:
Bellissimo, il cammino. Bellissimo il mare, bellissimo l'azzurro.
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