Quando avevo quattordici anni ho iniziato a correre a piedi.
Correvo anche negli anni precedenti, ma a quell'età ho deciso di farlo regolarmente. Praticamente tutti i giorni.
Correvo, da solo. Preferivo correre da solo, non era un ripiego.
Penso, genericamente parlando, che condividere esperienze con altre persone sia una gran bella cosa; con la donna che ami, con i figli, con gli amici. Suonare, per esempio, con altre persone: ecco, la quantità di piacere che sento quando suono con altre persone è infinitamente superiore ai momenti in cui suono da solo. Ma per quanto riguarda la corsa non è stato così, sto meglio da solo. Anche se a quattordici anni correre due ore da solo può essere a volte difficile. C'erano giorni in cui rimandavo l'allenamento alla sera, e correvo per strada(meno male che a Piombino, in città, ci sono lampioni dappertutto, in ogni via). Dovevo passare anche davanti al cimitero, davanti a quel cancello da dove vedevo lumini votivi, anche se cercavo di non guardarli, e mi inquietavo. Oppure i cani sciolti, senza guinzaglio: da soli fanno più paura che in compagnia. Ma a parte questi dettagli, trovavo - e trovo - che sia molto più bello correre da soli. La mente se ne va per conto suo. Mi ricordo di un giorno - una sera d'inverno, al buio - in cui ho corso per un'ora, sono arrivato a casa e non mi ricordavo le strade che avevo percorso, mi ricordavo solo i processi mentali, i pensieri, le mie gioie e le mie preoccupazioni, ma niente di quel che riguarda la strada.
Niente. Le mie gambe avevano corso da sole, non me ne ero dovuto preoccupare.
Ero felice.
E per circa dieci anni ho corso, ho corso, ho corso.
Quando avevo quarantaquattro anni ho iniziato a viaggiare in bici.
Da solo.
La prima volta in Corsica. Poi Sardegna, Provenza, Santiago di Compostela, Irlanda, Creta, Elba (in realtà ci sono tre felici eccezioni alla "solitudine": sono andato con un amico in Sardegna, lo stesso per l'Elba, mentre sul Camino di Santiago mi sono aggregato a tre ciclisti, poi diventati amici). Dopo, quando torno, sto meglio. Con me stesso e con gli altri.
Per chi sa, psicologicamente parlando, cosa sia un enneatipo, io sono del tipo nove, il "mediatore". Un tipo che evita i conflitti, cerca di comprendere le esigenze dell'altro. E' molto empatico - non sto parlando di me, ma di ciò che dicono del tipo nove -, è benvoluto. E' così proteso nel comprendere le esigenze altrui, però, che rischia di dimenticare, accantonare le proprie. In situazioni estreme - quando le esigenze altrui sono profondamente diverse da quelle degli altri - per evitare conflitti si "disconnette" da sè stesso, dal proprio centro, dalla propria essenza. Se ci sono problemi del genere, oltre ad un valido sostegno psicologico, dicono che al tipo 9 faccia bene stare da solo, per qualche giorno, per "riconnettersi", per ritrovare le peculiarità che fanno di ogni persona un essere diverso da tutti gli altri.
Non so se questo sia il motivo per cui mi senta bene in esperienze solitarie, fatto sta che mi fanno sentire molto meglio.
Così come a quattordici anni.
E ora - oggi - mi trovo in Sicilia. Volevo scrivere, e condividere con qualcuno quello che sento. Anche se sento la fatica di oggi -, stanotte scrivo, e per l'occasione ho aperto questo blog.
Sono partito.
2 commenti:
caro enneatipo nove, buon viaggio. seguirò le tappe sul blog. bella idea. abbracci, francesca
Si, probabilmente lo e
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