Pagine

martedì 28 gennaio 2014

Di cosa parliamo quando parliamo di legno

Sabato scorso ho partecipato all'officina romana di Bombacarta, invitato dall'amico Federico Cerminara, che ringrazio. Ho potuto così rivedere con grande piacere Federico, Tiziana, Andrea, Stas', Paolo e tanti altri amici. Qui sotto riporto una sintesi del mio intervento, uno dei tanti possibili percorsi che si possano fare sul legno, e sul suo produttore naturale: l'albero.


Legno




Nascita e crescita dell'albero

Nel 2006 viaggiai in giro per la Provenza in bicicletta. Arrivato ad Arles, feci il percorso dei vari luoghi che furono fonte di ispirazione per Van Gogh. In ognuno di questi luoghi era piazzata una riproduzione del quadro in un punto che doveva essere stato il punto di vista del pittore. Tra questi c'era anche Le Pont de Trinquetaille.





Il luogo è oggi molto simile a ciò che Van Gogh dipinse, ma differisce molto per un elemento:



differisce significativamente per un albero, che nel 1888 era un esile alberello, e che in un secolo è diventato un robusto platano. Ecco, il legno sorprende come elemento di grande cambiamento, se consideriamo l'albero da cui proviene. Una continua trasformazione dell'albero, impercettibile ma inesorabile.
La crescita dell'albero, in molti casi fa da ponte a diverse generazioni della vita umana: esistono alberi di più di 1000 anni, sono nati nel medioevo. Anche per questo possiamo riflettere su quanto possa essere altruista piantare un albero: ....posso nominare i contadini romani della campagna sabina, miei vicini ed amici, che, senza di loro, nei campi non si farebbe quasi nessun lavoro di quelli importanti; non si seminerebbe, non si raccoglierebbe, non si riporrebbero i frutti della terra. Benché per loro questo è meno sorprendente: nessuno infatti è tanto vecchio da non credere di poter vivere un altro anno; ma loro si dedicano anche ad altri lavori, che sanno bene non riguardarli: "Lui pianta alberi, che saranno utili a un'altra generazione", come dice il nostro Stazio nei "Sinefebi". Infatti il contadino, per quanto sia vecchio, non esita a rispondere a chi gli chiede per chi semina: "Per gli dei immortali, che non hanno voluto soltanto che io ricevessi tutto questo dagli avi, ma che lo trasmettessi anche ai posteri.” Brano tratto da “De senectute”, di Cicerone.



Antropomorfizzazione

L'albero cresce: in altezza, in larghezza, ed è soprattutto la crescita verticale che lo fa assomigliare ad un uomo. Una perfetta verticalità, anche quando il terreno è obliquo, come i cipressi di Bolgheri in duplice filar con cui Giosué Carducci intavola una discussione.

Icipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Q
II cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Mi balzarono incontro e mi guardâr.
Mi riconobbero, e — Ben torni omai —
Bisbigliaron vèr’ me co ’l capo chino —
Perché non scendi? Perché non ristai?
Fresca è la sera e a te noto il cammino....
sbigliaron vèr’ me co ’l capo chino —
Perché non scendi? Perché non ristai?
Oppure, oltre a poter parlare, l'albero può essere rappresentato nel nostro immaginario con sembianze umane:





«.... Aveva il fisico di un Uomo, quasi di un Vagabondo, alto però più del doppio, molto robusto, con una lunga testa, e quasi senza collo. Sarebbe stato difficile dire se ciò che lo ricopriva fosse una specie di corteccia verde e grigia, o la sua stessa pelle. Comunque, le braccia, a breve distanza dal tronco non erano avvizzite, ma lisce e brune. I grandi piedi avevano sette dita l'uno. La parte inferiore del lungo viso era nascosta da una vigorosa barba grigia, folta, dalle radici grosse quasi come ramoscelli e le punte fini e muscose. Sulle prime gli Hobbit notarono soltanto gli occhi, occhi profondi che li osservavano, lenti e solenni, ma molto penetranti. Erano marrone, picchiettati di luci verdi...>>
«...Sembrava vi fosse dietro le pupille un enorme pozzo, pieno di secoli di ricordi e di lunghe, lente e costanti meditazioni; ma in superficie sfavillava il presente, come sole scintillante sulle foglie esterne di un immenso albero, o sulle creste delle onde di un immenso lago. »
Gli alberi emulano gli esseri umani , morfologicamente parlando, in particolare quando sono spogli, come in molte immagini dei film dell'orrore: 
 


I rami ritorti possono anche ricordare le ossa di un vecchio, oppure non si distingue dove finisce l'uomo e comincia il legno:

Viene il mattino azzurro
nel nostro padiglione:
sulle panche di sole
e di crudissimo legno
siedono gli ammalati,
non hanno nulla da dire,
odorano anch’essi di legno,
non hanno ossa né vita,
stan lì con le mani
inchiodate nel grembo
a guardare fissi la terra.

Alda Merini






E quando la larghezza della pianta supera di gran lunga l'altezza, un albero può suscitare inquietudine, come in questa storia:
...Ma io cominciai a scappare, - continuò a dire il burattino, - e loro sempre dietro: finché mi raggiunsero e m'impiccarono a un ramo di quella quercia.-
E Pinocchio accennò la Quercia grande, che era lì a due passi...”
Si pensa che Collodi abbia tratto ispirazione da un enorme albero, una quercia appunto, molto vicina a Collodi (e a casa mia), che oggi ha più di 500 anni:
 

ha una circonferenza del fusto di 4 metri, è alta 14, ed ha l'apertura dei rami con un raggio di 15 metri. E' monumento nazionale. E quando Collodi scrisse nel 1881 "Le avventure di Pinocchio", questo albero era un po' più piccolo, ma non per questo meno imponente.

L'albero è un muto testimone. Ha uno sguardo limitato, ma è ben saldo, ancorato al terreno tramite le radici, che danno solidità all'albero stesso e al terreno circostante. Un po' come i vecchi, seduti sulla soglia di casa, che osservano il via vai di mezzi, animali e persone: pare quasi che non si muovano mai di lì, depositari della storia di un luogo. Le radici permettono il passaggio della linfa, del nutrimento necessario, delle relazioni con gli alberi vicini. Le radici sono spesso contorte, nodose, intricate, come la storia da cui proveniamo, ma indispensabili come il nostro passato.
Se le radici sono il nostro passato, i nostri progenitori, il tronco rappresenta il nostro presente, e i rami e le fronde e le foglie, che si protendono verso il cielo, sono le nostre prospettive e ambizioni, le nostre – più o meno – nobili mete.
Tra le rappresentazioni archetipiche del passato, esiste una carta dei Tarocchi,
l'appeso:


un giovane uomo è legato ad una caviglia a testa in giù e osserva il mondo dal punto di vista delle radici, un punto di vista originale e di profonda riflessione, con un rovesciamento del senso comune. Accanto a lui due alberi sorreggono la trave di legno su cui è legata la caviglia. Una condizione meditativa, verticale, fatta di uomo e legno, inteso come piante e radici. Per avere un punto di vista innovativo, originale, rivoluzionario, devi partire dall'osservazione delle tue radici.


Trasformazione dell'albero, morte e riutilizzo
Il legno mantiene una grande capacità evolutiva anche nel momento in cui la pianta muore. Si ingrossa, si restringe, si riempie di umidità, si secca. Muta di colore, in genere scurisce nel tempo perché reagisce con l'ossigeno. Può evolvere, nel corso di secoli, in materiali completamente diversi tra loro: la grafite, tenerissima e scura, che lascia un segno a contatto con altri materiali e si sfalda; il diamante, durissimo e trasparente, pressoché inattaccabile da agenti esterni.
Il legno viene lavorato, subisce tagli, piallature, verniciature, viene conficcato da chiodi. Il titolo del film "L'albero degli zoccoli", di Ermanno Olmi, crea l'unione tra ciò che esiste in natura con un prodotto di trasformazione del legno. Per mano dell'uomo cambia forma, dunque, anche se conserva una certa rigidità.
Si parla anche di carattere legnoso:


(min 1,30-2,00 e 8,00-9,00)

"...Se un personaggio ha un carattere legnoso deve avere una gamba di legno; se poi la personalità cambia, allora deve arrivare un ladro a rubargli quella gamba." Così scrive Antonio Spadaro a proposito del racconto "Brava gente di campagna", di Flannery O'Connor.
E a proposito di gambe di legno, è famoso il rovesciamento di senso che si può vedere in questa clip.
(da 1:30 a 1:45)
Il processo di antropomorfizzazione del pezzo di legno in gamba, e addirittura la ricerca di un nome, è data dall'importanza della protesi, vitale per la deambulazione in colui che è privo di un arto inferiore.
La gamba di legno può assumere un valore artistico:

C'è un altro modo per dire bosco, come si legge in queste due pagine tratte dal brano “Legna” di Alice Munro:




Distruzione del legno
Il legno, infine, dà calore e così facendo sacrifica sé stesso, scomparendo nel nulla. In "la festa del ritorno", di Carmine Abate, ogni ritorno natalizio del padre a casa è caratterizzato e cadenzato da un camino che scoppietta, dal calore regalato dal legno che brucia, dal calore delle persone che stanno intorno al camino, e dal racconto relativo a terre fredde e lontane.
...Le scintille ci avvolgevano, sembravano sciami d'api crepitanti, poi si azzittivano spegnendosi e ci cadevano sui capelli e sui vestiti come una bufera di neve, e mio padre diceva che un fuoco così non si era mai visto, pare fatt'apposta per schiaffarci dentro i ricordi più malamenti, diceva, e appicciarli in un lampobaleno, per sempre...”






Nessun commento: