Sabato
scorso ho partecipato all'officina romana di Bombacarta, invitato
dall'amico Federico Cerminara, che ringrazio. Ho potuto così rivedere
con grande piacere Federico, Tiziana, Andrea, Stas', Paolo e tanti altri
amici. Qui sotto riporto una sintesi del mio intervento, uno dei tanti
possibili percorsi che si possano fare sul legno, e sul suo produttore
naturale: l'albero.
Legno
Nascita
e crescita dell'albero
Nel
2006 viaggiai in giro per la Provenza in bicicletta. Arrivato ad
Arles, feci il percorso dei vari luoghi che furono fonte di
ispirazione per Van Gogh. In ognuno di questi luoghi era piazzata una
riproduzione del quadro in un punto che doveva essere stato il punto
di vista del pittore. Tra questi c'era anche Le Pont de
Trinquetaille.
Il
luogo è oggi molto simile a ciò che Van Gogh dipinse, ma differisce
molto per un elemento:
differisce
significativamente per un albero, che nel 1888 era un esile
alberello, e che in un secolo è diventato un robusto platano. Ecco,
il legno sorprende come elemento di grande cambiamento, se
consideriamo l'albero da cui proviene. Una continua trasformazione
dell'albero, impercettibile ma inesorabile.
La
crescita dell'albero, in molti casi fa da ponte a diverse generazioni
della vita umana: esistono alberi di più di 1000 anni, sono nati nel
medioevo. Anche per questo possiamo riflettere su quanto possa essere
altruista piantare un albero: “....posso
nominare i contadini romani della campagna sabina, miei vicini ed
amici, che, senza di loro, nei campi non si farebbe quasi nessun
lavoro di quelli importanti; non si seminerebbe, non si
raccoglierebbe, non si riporrebbero i frutti della terra. Benché per
loro questo è meno sorprendente: nessuno infatti è tanto vecchio da
non credere di poter vivere un altro anno; ma loro si dedicano anche
ad altri lavori, che sanno bene non riguardarli: "Lui pianta
alberi, che saranno utili a un'altra generazione", come dice il
nostro Stazio nei "Sinefebi". Infatti il contadino, per
quanto sia vecchio, non esita a rispondere a chi gli chiede per chi
semina: "Per gli dei immortali, che non hanno voluto soltanto
che io ricevessi tutto questo dagli avi, ma che lo trasmettessi anche
ai posteri.” Brano
tratto da “De senectute”, di Cicerone.
Antropomorfizzazione
L'albero
cresce: in altezza, in larghezza, ed è soprattutto la crescita
verticale che lo fa assomigliare ad un uomo. Una perfetta
verticalità, anche quando il terreno è obliquo, come i
cipressi di Bolgheri
in duplice filar con cui Giosué Carducci intavola una discussione.
Icipressi
che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Q
Van da San Guido in duplice filar,
Q
II cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Mi
balzarono incontro e mi guardâr.
Mi
riconobbero, e — Ben torni omai —
Bisbigliaron vèr’ me co ’l capo chino —
Perché non scendi? Perché non ristai?
Fresca è la sera e a te noto il cammino....sbigliaron vèr’ me co ’l capo chino —
Perché non scendi? Perché non ristai?
Bisbigliaron vèr’ me co ’l capo chino —
Perché non scendi? Perché non ristai?
Fresca è la sera e a te noto il cammino....sbigliaron vèr’ me co ’l capo chino —
Perché non scendi? Perché non ristai?
Oppure,
oltre a poter parlare, l'albero può essere rappresentato nel
nostro immaginario con sembianze umane:
|
«....
Aveva il fisico di un Uomo, quasi di un Vagabondo, alto però più
del doppio, molto robusto, con una lunga testa, e quasi senza collo.
Sarebbe stato difficile dire se ciò che lo ricopriva fosse una
specie di corteccia verde e grigia, o la sua stessa pelle. Comunque,
le braccia, a breve distanza dal tronco non erano avvizzite, ma lisce
e brune. I grandi piedi avevano sette dita l'uno. La parte inferiore
del lungo viso era nascosta da una vigorosa barba grigia, folta,
dalle radici grosse quasi come ramoscelli e le punte fini e muscose.
Sulle prime gli Hobbit notarono soltanto gli occhi, occhi profondi
che li osservavano, lenti e solenni, ma molto penetranti. Erano
marrone, picchiettati di luci verdi...>>
«...Sembrava
vi fosse dietro le pupille un enorme pozzo, pieno di secoli di
ricordi e di lunghe, lente e costanti meditazioni; ma in
superficie sfavillava il presente, come sole scintillante sulle
foglie esterne di un immenso albero, o sulle creste delle onde di
un immenso lago. »
|
Gli
alberi emulano gli esseri umani , morfologicamente parlando, in
particolare quando sono spogli, come in molte immagini dei film
dell'orrore:
I
rami ritorti possono anche ricordare le ossa di un vecchio, oppure
non si distingue dove finisce l'uomo e comincia il legno:
Viene
il mattino azzurro
nel nostro padiglione:
sulle panche di sole
e di crudissimo legno
siedono gli ammalati,
non hanno nulla da dire,
odorano anch’essi di legno,
non hanno ossa né vita,
stan lì con le mani
inchiodate nel grembo
a guardare fissi la terra.
nel nostro padiglione:
sulle panche di sole
e di crudissimo legno
siedono gli ammalati,
non hanno nulla da dire,
odorano anch’essi di legno,
non hanno ossa né vita,
stan lì con le mani
inchiodate nel grembo
a guardare fissi la terra.
Alda
Merini
E
quando la larghezza della pianta supera di gran lunga l'altezza, un
albero può suscitare inquietudine, come in questa storia:
“...Ma
io cominciai a scappare, - continuò a dire il burattino, - e loro
sempre dietro: finché mi raggiunsero e m'impiccarono a un ramo di
quella quercia.-
E
Pinocchio accennò la Quercia grande, che era lì a due passi...”
Si
pensa che Collodi abbia tratto ispirazione da un enorme albero, una
quercia appunto, molto vicina a Collodi (e a casa mia), che oggi ha
più di 500 anni:
ha
una circonferenza del fusto di 4 metri, è alta 14, ed ha l'apertura
dei rami con un raggio di 15 metri. E' monumento nazionale. E quando
Collodi scrisse nel 1881 "Le avventure di Pinocchio",
questo albero era un po' più piccolo, ma non per questo meno
imponente.
L'albero
è un muto testimone. Ha uno sguardo limitato, ma è ben saldo,
ancorato al terreno tramite le radici, che danno solidità all'albero
stesso e al terreno circostante. Un po' come i vecchi, seduti sulla
soglia di casa, che osservano il via vai di mezzi, animali e persone:
pare quasi che non si muovano mai di lì, depositari della storia di
un luogo. Le radici permettono il passaggio della linfa, del
nutrimento necessario, delle relazioni con gli alberi vicini. Le
radici sono spesso contorte, nodose, intricate, come la storia da cui
proveniamo, ma indispensabili come il nostro passato.
Se
le radici sono il nostro passato, i nostri progenitori, il tronco
rappresenta il nostro presente, e i rami e le fronde e le foglie, che
si protendono verso il cielo, sono le nostre prospettive e
ambizioni, le nostre – più o meno – nobili mete.
Tra
le rappresentazioni archetipiche del passato, esiste una carta dei
Tarocchi,
l'appeso:
un
giovane uomo è legato ad una caviglia a testa in giù e osserva il
mondo dal punto di vista delle radici, un punto di vista originale e
di profonda riflessione, con un rovesciamento del senso comune.
Accanto a lui due alberi sorreggono la trave di legno su cui è
legata la caviglia. Una condizione meditativa, verticale, fatta di
uomo e legno, inteso come piante e radici. Per avere un punto di
vista innovativo, originale, rivoluzionario, devi partire
dall'osservazione delle tue radici.
Trasformazione
dell'albero, morte e riutilizzo
Il
legno mantiene una grande capacità evolutiva anche nel momento in
cui la pianta muore. Si ingrossa, si restringe, si riempie di
umidità, si secca. Muta di colore, in genere scurisce nel tempo
perché reagisce con l'ossigeno. Può evolvere, nel corso di secoli,
in materiali completamente diversi tra loro: la grafite, tenerissima
e scura, che lascia un segno a contatto con altri materiali e si
sfalda; il diamante, durissimo e trasparente, pressoché
inattaccabile da agenti esterni.
Il
legno viene lavorato, subisce tagli, piallature, verniciature, viene
conficcato da chiodi. Il titolo del film "L'albero degli
zoccoli", di Ermanno Olmi, crea l'unione tra ciò che esiste in
natura con un prodotto di trasformazione del legno. Per mano
dell'uomo cambia forma, dunque, anche se conserva una certa rigidità.
Si
parla anche di carattere legnoso:
(min
1,30-2,00 e 8,00-9,00)
"...Se
un personaggio ha un carattere legnoso deve avere una gamba di legno;
se poi la personalità cambia, allora deve arrivare un ladro a
rubargli quella gamba." Così scrive Antonio Spadaro a proposito
del racconto "Brava gente di campagna", di Flannery
O'Connor.
E
a proposito di gambe di legno, è famoso il rovesciamento di senso
che si può vedere in questa clip.
(da
1:30 a 1:45)
Il
processo di antropomorfizzazione del pezzo di legno in gamba, e
addirittura la ricerca di un nome, è data dall'importanza della
protesi, vitale per la deambulazione in colui che è privo di un arto
inferiore.
La
gamba di legno può assumere un valore artistico:
C'è un altro modo per dire bosco, come si legge in queste due pagine tratte dal brano “Legna” di Alice Munro:
Distruzione
del legno
Il
legno, infine, dà calore e così facendo sacrifica sé stesso,
scomparendo nel nulla. In "la festa del ritorno", di
Carmine Abate, ogni ritorno natalizio del padre a casa è
caratterizzato e cadenzato da un camino che scoppietta, dal calore
regalato dal legno che brucia, dal calore delle persone che stanno
intorno al camino, e dal racconto relativo a terre fredde e lontane.
“...Le
scintille ci avvolgevano, sembravano sciami d'api crepitanti, poi si
azzittivano spegnendosi e ci cadevano sui capelli e sui vestiti come
una bufera di neve, e mio padre diceva che un fuoco così non si era
mai visto, pare fatt'apposta per schiaffarci dentro i ricordi più
malamenti, diceva, e appicciarli in un lampobaleno, per sempre...”