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mercoledì 6 febbraio 2013

Il tuo termine di paragone

 Sto tentando di scrivere un romanzo, ne metto una pagina qui sotto:

...Antonio sta all'estremità nord di Piombino, sul limitare del bosco che divide la cittadina da Populonia. Decide di non prendere la macchina, scende di casa e comincia a correre. Il libeccio lo sferza fin dai primi passi, bene così, pensa Antonio. Accende l'Ipod e decide di non cercare di costruire mentalmente un acronimo. Vuole provare a non pensarci, a riconsiderare l'eventualità che quella sequenza di iniziali del giorno precedente fosse stato semplicemente un caso, una mutazione genetica di uno dei tanti eventi casuali della nostra esistenza che Antonio aveva arbitrariamente caricato di senso. In ogni caso, non vuole pensarci mentre corre, anche se non può fare a meno di pensare alla prima canzone della lista: “Mad World” dei Tears for fears. Una canzone in tono con il periodo che Antonio sta vivendo, appartenente ad un gruppo che Antonio ama. Nonostante si siano sciolti presto, i Tears for fears sono stati un gruppo per lui fondamentale. Nei loro lavori non esiste un lato B, sono tutte canzoni importanti. Mad world, un mondo pazzesco, menomale che ci può correre dentro. Ora Antonio sta correndo una lunga discesa, sballottato dal vento contrario. Decide di percorrere tutto il bordo mare del promontorio. C'è chi odia il vento, lui lo ama. Quando si era trasferito a Firenze per l'università – se ne accorse dopo alcune settimane di umidità e di gelo - il vento era la cosa che gli mancava di più. Ora mentre corre può rendersi conto, opponendosi o assecondando le folate improvvise, della sua tridimensionalità corporea, del suo spessore. Attraverso il vento Antonio riesce a percepire il suo corpo, il suo ingombro anche in relazione al contatto con il suolo, un impatto leggermente deviato dalla resistenza dell'aria. Improvvisamente Antonio cattura un'intuizione, forse sbatacchiata qua e là dal vento che poi gli arriva in faccia e lo costringe ad aprire gli occhi: l'aria non è uno spazio vuoto, l'aria è un magnifico contenitore, un fluido che attraverso il vento dà inconfondibili manifestazioni di sé. Più che mai l'itinerario di oggi, lungo la via litoranea ma rimanendo in città, è una specie di amarcord. Antonio raggiunge la spiaggia di Salivoli, passa davanti ad una villetta in pietra con un garage che ha il portellone esterno tinto di rosso, gli agavi sui bordi. In quel garage Antonio e la sua band hanno trascorso ore ed ore di prove musicali. Si ricorda perfettamente l'emozione della prima prova con un amplificatore, un mixer e delle casse artigianali; la gioia del volume alto, di sentire il risultato di cinque ragazzi che suonano insieme, che hanno bisogno l'uno degli altri. Il primo pezzo che provarono fu “Hot Stuff” di Donna Summer, la novità di quel momento. ..I need some hot stuff baby tonight... Anche Antonio avrebbe bisogno di roba che scotta stasera, come ne aveva bisogno anche allora. Solo che con Giulia al massimo può combinare qualcosa di tiepido, ammesso che succeda ancora qualcosa. Le barche ormeggiate nel porto turistico di Salivoli si muovono ritmicamente, le campanelle legate agli alberi producono un effetto lugubre.
Antonio sente un brivido, il libeccio proveniente dal mare lo scuote. Ora percorre il lungomare che conduce al centro città. Poi in via Amendola dove spesso alle elementari andava dal suo amico Federico, a casa sua faceva delle merende da sogno, dolce al cioccolato e frappé alla banana. Poco dopo raggiunge la chiesa dei Frati, dove si è sposato alla fine di un luglio infuocato, e poi giù per la Cittadella, che lo conduce verso le sue vecchie scuole, il liceo e poi la scuola media. E' la zona più bella di Piombino, un nucleo di viuzze costellate di vecchie case, le reti dei pescatori stese sulle inferriate, le barche issate a terra piegate su un fianco come balene spiaggiate, le panchine che costellano la scogliera. Nel vecchio porticciolo, tra gli scogli, i suoi baci con Cinzia. Ecco la salita di viale del popolo, tra piante grasse e macchia mediterranea, e poi i cancelli del cimitero sbatacchiati dal vento, cancelli e lumini che lo inquietavano molto da adolescente, quando ci correva davanti al buio. Infine il porto, dotato di vitalità e luci e rumori a qualsiasi ora del giorno e della notte; nella zona di traffico merci ricorda le navi provenienti dalla Scandinavia o alcune cariche di mistero che mostravano sul fianco della prua caratteri cirillici – quando tornava a casa guardava sull'atlante come diavolo si potesse arrivare a Piombino partendo dal mar Baltico – e gli uomini che scendevano da quelle navi, a cui Antonio appiccicava saggezza, come una medaglia al petto, per il solo fatto di aver solcato molti mari. Dal porto poi percorreva la stessa strada a ritroso, fino a casa.
Quando passeggi per una città e ti esplodono i ricordi, uno dopo l'altro, pietra dopo pietra, vuol dire che in qualunque posto del mondo tu andrai, quella città sarà sempre, nel bene e nel male, rispetto ad ogni altro luogo nel mondo, il tuo termine di paragone.

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