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domenica 2 agosto 2015

Learn to fly




https://www.youtube.com/watch?v=JozAmXo2bDE

Questo video mi ha fatto venire i brividi, di commozione, di gioia. Certe sensazioni sono difficili da decifrare, ma provo a capire la mia reazione, e a fare un breve commento di questa straordinaria iniziativa.
Vedo mille persone che suonano insieme, nessuno che prevale su altri; nessun chitarrista che si lascia prendere la mano e inizia a svisare fuori controllo, nessun cantante che indugia in gorgheggi o controcanti. Mille umili operai e operaie, che insieme costruiscono una rigorosa e potente cattedrale della musica. Quattro linee da suddividere tra batteristi, bassisti, chitarristi e cantanti. 
Nel video si intuisce la felicità di ognuno di loro di essere lì, di esserci e di contare, magari dopo un faticoso e costoso viaggio che li ha portati a Cesena.
Facce sorridenti, ma anche serie ed impegnate nella performance. Ragazzi e ragazze di tutti i tipi, di tutte le età, affratellati per un giorno da un progetto e da una canzone. 
La loro felicità fora il video e rifluisce in me, anche se non so spiegare il motivo. Avrei voluto essere lì, aver appoggiato l'orecchio al terreno per sentire la magica vibrazione di 250 batterie che attaccano all'unisono. Le note dei 150 bassi che ti penetrano l'addome, la distorsione di 350 chitarre che ti fa barcollare, e la melodia di 250 cantanti che ti insegnano a volare.
Avrei voluto essere lì anche per motivi strettamente personali: per dare leggerezza alla mia vita - ne sento il bisogno - e per imparare a volare, diventando come gli uccelli del cielo che non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il padre celeste li nutre...

mercoledì 27 maggio 2015

L'aspirante scrittore aspetta lettere, come Snoopy.

Nel 2005 scrissi su Pordenonelegge questo post, che parla in modo leggero di lettere di rifiuto da parte delle case editrici. Lo ripropongo qui sotto, compresi i vari commenti dei lettori.

14.11.05

L'aspirante scrittore aspetta lettere, come Snoopy.

sno2.JPG

Dite la verità, non vi fa un po' tenerezza quel bracchetto in trepida attesa? Forse un po' di più a me che a voi: perchè quando ho letto questa vicenda di Snoopy, un po' mi sono riconosciuto in essa, pur con qualche lieve differenza.
Ma cominciamo dall'inizio, come nella maggior parte delle storie che si rispettino.

Come Snoopy ho scritto una raccolta di racconti.
Come Snoopy spedii, all'inizio di quest'anno, la suddetta raccolta - un dattiloscritto di 130 pagine - a due case editrici, la Fernandel e la Minimum Fax; la spedii anche ad un consulente di un'altra casa editrice, il quale, interpellato - sei mesi dopo l'invio - sulla qualità del testo, mi disse:" Il tuo dattiloscritto? Ah, sì...l'ho letto, ma...non mi ricordo...mi ero scritto degli appunti, ma non mi ricordo più dove li ho messi..."
Dalla Fernandel ricevetti una mail in cui si scriveva:
"Gentile Toni,
grazie per aver scritto a Fernandel. Abbiamo ricevuto nelle ultime settimane il suo manoscritto, che certamente sarà letto da qualcuno di noi. I nostri tempi di risposta non superano di norma i due o tre mesi: se trascorso questo periodo non dovesse aver ricevuto nessuna comunicazione da Fernandeldovrà considerare il nostro silenzio come una risposta negativa. Sarebbebello e utile a chi scrive fornire una valutazione dei manoscritti, ma questa attività richiederebbe troppo tempo."
Dalla Minimum fax, invece, ricevetti una graziosa lettera pre-confezionata in cui mi si diceva che sono oberati di lavoro, che mi ringraziano tanto per la fiducia accordata loro, blablabla...e che se non avessi ricevuto alcuna notizia entro sei mesi circa, avrei dovuto ritenere il dattiloscritto "non idoneo alla loro strategia editoriale", ma di non demordere perchè Nonmiricordoqualescrittorefamoso(voi sapete chi?) all'inizio della sua fulgida carriera ottenne un centinaio di porte chiuse(e di lettere come quelle di Snoopy, forse?).
Sei mesi, ahimè, sono passati, e io non ho in mano neppure una di quelle simpatiche lettere di rifiuto che Charlie Brown ha letto a Snoopy. In molti siti di case editrici si ribadisce che non c'è tempo per fare questo, e poi - insinuano - a che servirebbe? Mah, prima di tutto mi avrebbe dato la certezza che io sono esistito in quanto autore, pur in un tempo limitatissimo, in una - mettiamo - decina di pagine per un dipendente - una stagista? - della casa editrice, e che il mio dattiloscritto avrebbe causato una reazione violenta, tale da scrivere una lettera piena di insulti. In ogni caso si sarebbe creata la famosa interazione scrittore-lettore. Mi sarei fatto quattro risate oppure, chessò, mi sarei messo a piangere. E invece niente, un raggelante silenzio. Inoltre sarebbe servito per occupare in modo migliore quella decina di neuroni del mio encefalo - comandati dal "centro dell'autostima" - che mantengono il dubbio che il mio manoscritto sia stato bruciato, smarrito, ingoiato dai topi prima che potesse esser letto.
Aggiungo, per inciso, che la delusione è stata attenuata dal fatto che ho inviato il dattiloscritto anche al premio letterario per inediti Elsa Morante di Roma e sono arrivato terzo; e visto che ha superato due livelli di valutazione, posso dire con una certa soddisfazione che il dattiloscritto ha avuto almeno due lettori(non mi illudo che l'abbiano letto tutto , ma una decina di pagine, beh sì - perbacco - che moltiplicato per due fanno almeno venti).
Ritornando un attimo sulla famosa perdita di tempo, faccio presente alle case editrici che esistono le e-mail, utilizzate talvolta al posto di raccomandate in molti ambiti lavorativi(dunque affidabili), ed io - che non sono un marziano - riesco a tenere lo stesso indirizzo(alamal@tin.it) ormai da cinque anni. Scrivere una mail di risposta con due righe di motivazione sul rifiuto(se proprio si vuol esagerare, altrimenti una preconfezionata lettera di rifiuto va già benissimo) non credo incida molto sul lavoro di una casa editrice, tanto più - percentualmente rispetto al lavoro già fatto - se questa casa editrice ha seriamente perso un po' del suo tempo per esaminare il dattiloscritto. Fare un clic sulla casella "Invia" di un prestampato? Un minuto, compreso l'impiccio di dover aggiungere l'indirizzo, cinque minuti se si aggiungono due righe sulla motivazione del rifiuto.
E adesso arrivo al dunque.
Come Snoopy, gradirei anch'io le mie due lettere di rifiuto, che ti danno una bella scossa, che ti fanno fare una seria autocritica, che potrebbero indirizzarti verso altre attività - tipo bonsai, bricolage, free climbing, volo a vela - dove i tuoi risultati si misurano con parametri più concreti ed immediati.
Se qualcuno passasse di qui, lo invito ad un simpatico(e per me utile) esercizio di scrittura: formulare una fantasiosa lettera di rifiuto, proprio come una di quelle che invidio a Snoopy. Potete postarla tra i commenti o inviarla alla mia email(alamal@tin.it). Tra qualche giorno potrei stamparle e conservarle tra i miei ricordi e - addirittura - un giorno potrei farle vedere ai miei nipoti, tanto per dire che ci ho(ci avevo) provato. Potrei sospendere la mia incredulità e pensare che sono state inviate dalle suddette case editrici e, se ne arriveranno più di due, mi potrei fare provviste per il futuro, qualora mi venisse la tentazione di spedite qualcos'altro ad altri soggetti editoriali. Tra circa una settimana si potrebbe indire una votazione per la più bella lettera di rifiuto, roba da far tremare Snoopy e il signor Nonmiricordoqualescrittorefamoso(che a lui, dicono, hanno portato fortuna, chissà che la portino anche a me e a voi). Che ne dite?
Vi ringrazio sentitamente, in ogni caso.
Toni La Malfa


Comments


Lo scrittore dovrebbe essere F.S.Fitzgerald (ha ricevuto 120 rifiuti prima di pubblicare, credo).
Comunque quando pubblicherò questo post sul mio blog sarai costretto a metterlo tra i preferiti!:-)
Posted by: Maura at 14.11.05 15:36

Gentile Sig. "Toni",
Intanto, che nome buffo per un autore, non trova ? Beh, se non trova fa lo stesso, perché questa, a tutta prima è una lettera di rifiuto bell'e buona.
Vengo a spiegarle anche perché, e consideri questa mia, come segno tangibile di disponibilità nei confronti di chi, come lei, ha ritenuto di dover prima scrivere, poi fotocopiare, poi inserire in una busta e quindi affrancare una serie di pagine con su delle parole in sequenza organizzate in modo da voler/poter sembrare una raccolta di racconti.
Lei non ha idea di quanto sia faticoso per noi, che per inciso ne riceviamo centinaia al mese, dover tener testa a tutte queste buste. A metterle in pila ci si potrebbero realizzare dei pezzi, o istallazioni, da arredamento moderno (e non è del tutto escluso che accada, anche qui in sede…prima o poi). Abbiamo "armadi" di manoscritti, lunghi, grossi, scritti a mano, a macchina, ne abbiamo ricevuto anche uno scritto in alfabeto morse, ma l'abbiamo smascherato, era un marconista malinconico depresso che ci ha bersagliato per mesi con i suoi deliri composti nel corso di lunghe, e immagino inoperose, traversate oceaniche.
Veniamo al punto che più le preme.
Il suo lavoro fa schifo. Si, lo so è brutale sentirselo dire ma abbiamo imparato, col tempo, che tale crudezza alla fin fine è nobilitante, dona, per capirci, un che di sincero in un mondo governato dalla furbizia, dalla raccomandazione, in fin dei conti dall'ipocrisia. Ecco, noi riteniamo, come modus operandi, di non dover contribuire ad alimentare illusioni nei confronti di chi, come lei, immaginiamo abbia già una sua pressochè certa fonte di sostentamento (lo tradisce il suo lessico, Sig. Toni, di uno che ha potuto studiare) e che giochi a fare lo scrittore perché, vattelapesca, la vita al momento non ha avuto ancora un cazzo di meglio da offrigli. Ne, lei, se lo lasci dire, sembra esserselo voluto andare a cercare. Beninteso, le sue storie, i suoi racconti cosi intrisi di tutti, ma proprio tutti, i luoghi comuni e i tic degli aspiranti scrittori, hanno ottenuto da parte dei due lettori ucraini preposti alla loro recensione, lo stesso equanime giudizio: fanno schifo. Senz'appello, se ne faccia una ragione. No, adesso non scomodi le stroncature famose, non si faccia coraggio con altri illustri precedenti. No, ed è bene che se mai pensieri del genere le balenassero in testa, lei faccia di tutto per scacciarli con sicurezza inusitata. Si rassegni, Signor Toni (ma non ha uno pseudonimo migliore…? Che so, magari Cletus, che suona già da "strano"…) la sua è una battaglia persa. Se anche fossimo alla frutta, e costretti a pubblicare donandogli l'allure che gli si deve, che so, le liste della spesa di Raymond Carver, graziosamente messeci a disposizione dalla sua amata consorte, ecco noi, Signor Toni, saremmo sicuri di poter vendere molto ma molto di più che non le sue balbettanti e velletarie avventure, dense di dejavù e senso di melanconia. Ha pensato di cambiare i personaggi ? Ha ipotizzato un ricorso massiccio a episodi di sesso estremo ? Ha praticato una lobotomia nell'asfittico cervello di un quindicenne dedito all'uso di sostanze stupefacenti ? Ecco, in tal caso avremmo potuto inviarle una lettera di ben altro tono, signor Toni (perdoni il bisticcio). La sua, nella migliore delle ipotesi, è letteratura da cronicario, roba da "cicl.in prop.", altro che una casa editrice affermata e blasonata come la nostra.
Adesso la lascio che mi sono anche dilungato troppo, e ho il campo di golf che mi aspetta. Abbia una cura migliore del suo tempo, che non è molto, come lei ben sa. Sorrida e prenda questa mia come la migliore delle azioni possibili, una stroncatura che le risparmierà un bel po di delusioni, e perché no, potrebbe restituirle, per intiero, una gioia di vivere inaspettata.
Con sincera disistima,
Il responsabile di collana, Ed. XXXXXXXXX.
Posted by: cletus at 14.11.05 20:35
Gentile responsabile di collana editrice,
la sua missiva segna per me la fine di un incubo. Temevo, in realtà, di non liberarmi più dall'egemonia della vischiosa area cerebrale dell'autostima(scoperta da poco grazie allo studio reperti autoptici di scrittori affermati/in erba passati a miglior vita) che mi costringeva a pensare ai più improbabili incidenti che potessero essere avvenuti all'interno della vostra luminosa casa editrice; incidenti che avessero impedito un normale e sereno giudizio sul mio dattiloscritto, che non avessero reso il giusto merito alla mia opera inedita. L'ultimo in ordine di apparizione - l'ultima visione che mi si è materializzata ai miei occhi, intendo - era una leccata di francobolli di tutta la redazione di acido lisergico - LSD - immediatamente prima che il dipendente preposto all'attento vaglio del mio romanzo avesse potuto dare un'occhiata alla pagina uno, con relativi voli dal primo piano dell'edificio...ma, stavo dicendo, è la fine di un incubo. Ho un sacco di neuroni(quelli, per esempio, rosi dal dubbio, quelli preposti all'apertura della cassetta della posta cartacea e di Outlook) che si trovano finalmente affrancati da dubbi, disagi e delusioni, e visto che non hanno più un cazzo da fare, hanno cominciato una festa a base di acetilcolina ed endorfine. A nome di tutti quei neuroni le offro la mia sincera ed incondizionata gratitudine.
In quale campo di golf potrei incontrarla?
Ancora grazie, grazie, grazie.
PS Nel caso che avessi deciso di utilizzare uno pseudonimo, mi permetta questa puntualizzazione, non avrei scelto il nickname "Cletus" neanche se mi avessero preso a bastonate per ventiquattr'ore di seguito.
Posted by: Toni at 15.11.05 11:31
"Gentile signore,
sperando di farle cosa gradita, mi permetto di sintetizzare i motivi che costringono (esatto, costringono) la mia casa editrice – la Maximum Pax – a cestinare il suo dattiloscritto.
Il primo e più insormontabile è rappresentato dai suoi dati anagrafici. Come ben saprà, nella nostra collana di esordienti (Stronzio © ) non ammettiamo scrittori vecchierelli come lei.
Non voglio altresì illuderla sul valore che il nostro comitato editoriale ha attribuito alla sua opera. Si era pensato, difatti, di utilizzare la soluzione dello pseudonimo (già ne avevamo pronto uno : “Marco Candida”) nel caso in cui l’opera fosse risultata indiscutibilmente meritevole di pubblicazione. Non si meravigli. Il nostro libro di punta – “Zanzara + Delfino”, finalista al Premio Fattucchiera - è stato in realtà scritto da una casalinga settantenne di Torre del Greco.
I suoi racconti sono semplici e chiari. Troppo. La trama è eccessivamente comprensibile, la lingua asciutta e precisa. Non siamo disposti ad investire su di uno scrittore che non abbia la benché minima ambizione a sperimentare. Su di uno scrittore incapace di stupire, di meravigliare, di confondere, di ubriacare il lettore con bizzarri voli pindarici fuori luogo.
La scrittura, per noi della Maximum Pax, è evasione dalla scrittura. Dicotomizzare la narrazione dalla reale possibilità di comprensione. Per noi pubblicare significa stordire.
I suoi racconti imbarazzano per linearità e coerenza.
In definitiva, tutto ci sembra troppo – per utilizzare un termine caro al nostro guru Dave Baconers – “out”.
Concludo la presente, augurandole sincera fortuna (provi magari all’editore Castelvecchi), e invitandola ad uno dei nostri corsi “ultraspecialistici”, che teniamo qui a Roma : “La professione del magazziniere : il metodo americano”. Il costo è persino contenuto – modici 973 euro iva inclusa. Poco, se vuole effettivamente coltivare la sua vocazione.
Cordiali saluti,
Marco Montepulciani
Direttore della Maximum Pax, Roma."

Posted by: Federico at 15.11.05 13:44
Egregio Autore, con questa mia Le confermo di aver ricevuto il Suo dattiloscritto e di averlo letto.
Ma dove cavolo è stato rintanato finora?!! Abbiamo cercato per decenni un autore come Lei, uno con la maiuscola. Uno che avesse uno stile come il Suo. Uno che sapesse descrivere la realtà con fantasia e fedeltà. Uno che scrivesse così come mangia, che si facesse capire da tutti. Uno che non richiedesse l’uso del vocabolario per essere compreso. Insomma, uno che facesse sognare, che facesse venire il mal di pancia dall’emozione. Che, a seconda del racconto posto in quel momento sotto gli occhi, sapesse far ridere o commuovere. Uno con una tale dose di originalità da far impallidire la Creazione stessa. Sarebbe bastata una sola di queste doti, nell’autore che cercavamo. Ma Lei le racchiude tutte nella Sua bella persona.
La nostra casa editrice, ha, come Lei senz’altro saprà, origini greco-fenicie-etrusche. Vale a dire che è nata due secondi dopo la nascita della scrittura, nel neolitico. Ebbene, mai, in tutto questo tempo, uno scrittore ha destato tanto entusiasmo nel sottoscritto, che, a partire dal testo originale dei dieci comandamenti inciso sulle tavole (l’autore era un po’ ermetico, c’è voluto un grosso lavoro di editor là tra le nebbie di quel monte, prima di arrivare alla stesura definitiva. Non le dico le ire del suddetto autore: fulmini e saette, ma non abbiamo ceduto di una virgola: una casa editrice deve saper farsi rispettare), a partire da allora, dicevo, ho letto tutto, ma proprio tutto.
E uno come Lei, mi creda, sarebbe stato il cavallo su cui scommettere, il gioiello mancante, il top dei top, la perla più rara. E ben volentieri avremmo pubblicato il suo capolavoro.
Ma.
Ma non sarà così. Perché, amico mio, se dovessimo farlo, Lei schiaccerebbe come vermi ogni altra creatura sulla terra e nell’universo intero che tenti di definirsi scrittore. Nessuno, di fronte al Suo eccelso valore, avrebbe più il benché minimo coraggio di tentare un confronto. Penne, matite, pennarelli, tastiere di pc, perfino i pensieri scomparirebbero, messi in ombra dal Suo fulgore.
Capirà, Gentilissimo, che noi non possiamo permettere tutto ciò. La nostra casa editrice vive dal tempo dei fenici ecc ecc: vuole farla affondare proprio ora? Una volta pubblicato il suo dattiloscritto non resterebbe altro a questo mondo da divulgare. Io invece ho intenzione di leggere ciò che m’invieranno i plutoniani o i venusiani, o più semplicemente, altri comunissimi, banalissimi, illusissimi (perdoni la licenza) dilettanti terrestri.
Sono certo che capirà.
Come capirà le motivazioni che mi hanno portato a distruggere il suo capolavoro. Mi auguro che non provi a riscriverlo.
Ah, e non tenti di spedirlo a qualcun altro. Il racket degli editori, se non lo sa glielo spiego ora, è tutto in mano mia. Dai tempi dei fenici ecc. ecc.
Congratulazioni dunque per il suo lavoro che mai, e dico mai, verrà pubblicato. Può esserne fiero.
Cordiali saluti.

Posted by: ramona at 15.11.05 14:58
Egregio sig. Montepulciani,
la ringrazio per la sua franchezza.
Il limite di età è un impedimento cui non avevo pensato. Potrei mettere in bacheca un annuncio per un cambio di età alla pari(per esempio potrebbe essere interessato a tale proposta chi venga rifiutato da una gnocca perchè ritenuto immaturo , o chi voglia candidarsi come presidente della repubblica), oppure un chirurgo estetico ed un falsario di documenti potrebbero fare al caso mio...ma no, terrò i miei neuroni in vacanza, visto che ci sono - come temevo - anche dei limiti sul contenuto del mio - posso chiamarlo così? - libro.
Sono Out, come sostiene anche il guru Dave Sausagers.
Anche Lei contribuisce alla mia campagna di estirpazione di qualsiasi dubbio, e per questo la ringrazio di cuore. Ora devo lasciarla, devo andare al campo numero 12, il mio caddy mi sta già aspettando.

Posted by: Toni at 16.11.05 08:53
Egregia direttrice della casa editrice dalle origini greco-fenicie-etrusche,
Lei mi confonde.
Ma come? Tutti i miei neuroni a far baldoria e lei che mi sciorina impedimenti legati all'eccessiva qualità della mia opera?
Sa, il dubbio potrebbe tornare, e potrei ricominciare tutto daccapo. Insomma, potrei formulare un piano per costellare i periodi del mio libro con "ovviamente" "che dire" "in ultima analisi" "fottuto" e "dannato" e cose così(tanto per camuffare lo stile, sa), per poi ritentare la via editoriale attraverso un prestanome(ghost writer, meglio). Sarei tentato, ma non ho il cuore di dirlo ai miei neuroni, ormai in visibilio, in preda ad overdose di endorfine.
Mentre leggevo questa lettera, ho cercato di distrarre il centro dell'autostima facendogli vedere un vecchio VHS, "Casablanca". Ed è filato tutto liscio. Grazie, egregia direttrice della casa editrice dalle origini greco-fenicie-etrusche.
PS E' mia personale convinzione che "Non commettere atti impuri" sia stata una diabolica aggiunta di un vostro editor.
Posted by: Toni at 16.11.05 08:55
 
[Ah, allora era qui la festa!]
Al signor Autore Esordiente:
Gentile Autore Esordiente,
grazie per l'invio del suo manoscritto. Simpatica, poi, l'idea di rilegarlo in sedicesimi A5 e dotarlo di una copertina in brossura. Tutto ciò rende il suo manoscritto gradevole all'aspetto e quanto mai invitante. Un bell'oggetto editoriale, davvero, ancorché artigianale. Complimenti. Immaginiamo si tratti di copia unica. Glielo restituiamo, quindi, affinchè una nostra lettura non la sciupi.
Cordialmente
L'Editore
Posted by: mauro at 17.11.05 17:16
Gentile Editore,
La ringrazio infinitamente per le belle parole che ha riservato al mio manoscritto. Aggiungo che il segnalibro era di alcantara; i fogli in carta di riso; illustrazioni elaborate con l'antica tecnica dell'incisione su lastra di piombo. La bordura consisteva in una lamina d'oro
a 24 carati. Essendo sicuro dei miei mezzi, avevo già elaborato il prodotto finito. Allora, lo facciamo l'affare? Quante gliene spedisco? 400-500(è meglio partire in sordina)?
Mi faccia sapere.
Seguirà una lettera con le mie coordinate bancarie per il vostro generoso accredito.
Posted by: Toni at 18.11.05 06:44
Gentile autore,
la sua risposta ci apre nuove prospettive su target editoriali che la nostra Casa Editrice non aveva ancora pensato di esplorare. E, in effetti, si tratta di potenzialità notevoli e assai interessanti. Le ordineremmo volentieri 1000 o 2000 copie del suo libro ma, sfortunatamente, proprio stamane, si è smagliata una calza alla segretaria dell'editrice, e l'editrice medesima soffre di una fastidiosissima forma di labirintite che le impedisce di assumere la posizione eretta (per cui si potrebbe ipotizzare una sorta di "regressione" dell'editrice medesima alla postura tipica del primate progenitore, a causa di problemi connessi con la funzionalità del labirinto, toccando tutta una serie di tematiche che partendo da Dedalo giungono sino a Borges. Labirinti e decadenza: un parallelo interessante anzichenò. Ma non divaghiamo, caro Autore).
In conclusione, la questione rimane aperta, ma posticipata. Facciamo di un paio d'anni. Anzi, facciamo qualcuno in più.
Cordialità
Per l'Editore
Oscuro Collaboratore

Posted by: mauro at 19.11.05 09:30
Gentile Oscuro Collaboratore,
io ho la soluzione alle calze smagliate e alla labirintite, e a molto altro.
Sta tutto nel mio portentoso manoscritto.

Posted by: Toni at 21.11.05 09:39
Signor Autore,
chi ci scrive e il marito del'editrice. Perché la mia signora è di quore tropo tenero per dircelo in faccia celo dico io, e quelo che ci dico e cuesto. Il suo libro se lo tenga lei che a noi non ci importa per niente. Ci abbiamo altri pensieri per la testa adeso. Se ha scrito un romaso porcografico celo mandi che lo vendiamo. Se ha scrito un romanzo d'amore lo steso. Lo steso pure se ha scrito un romanzo di polizia e delinguenti. Ma le cose che scrive lei non abbiamo a chi vendercele. Che sicome i soldi non crescono su gli alberi non si creda che posiamo butarli dal balcone per lei.
Con osequi
il marito del'editrice
Cav. Truce Scannapieco
Posted by: mauro at 21.11.05 20:00
Gentile signor marito dell'editrice,
innanzitutto mi complimento con Lei per il colorito e genuino lessico che lei usa, che ha forse ispirato attori del calibro di Abatantuono et al. all'inizio della loro fulgida carriera.
Ma vado subito al dunque.
Ha ragione, mi rendo conto di essere stato importuno ed insistente in questa corrispondenza, sordo ai richiami dell'editrice, dei collaboratori e della sua bella persona che - per il mio bene - cercano di indirizzarmi verso la giusta via, la via del sapere e del bene comune.
La via della verità.
Forse non è ancora troppo tardi.
Sto revisionando la mia opera, lasciandola come sfondo per una love story tra un poliziotto corrotto e un delinquente onesto, entrambi portatori sani di lingerie ed amanti dei dvd di Rocco Siffredi.
La ringrazio infinitamente per la sua franchezza, mi farò vivo tra qualche tempo.
Posted by: Toni at 22.11.05 10:21

mercoledì 13 maggio 2015

Il mio primo triathlon, ovvero: "trii is megl che uan"






Da piccolo ero affascinato dagli anfibi, che possono nuotare, camminare, saltare, addirittura in due diverse fasi della vita possiedono branchie e in seguito i polmoni. Più tardi ho studiato il funzionamento di un hovercraft, un mezzo che viaggia in acqua e sulla terra, a tratti anche un po' sospeso dalla terra. Gli adattamenti alle varie fasi della vita, non sempre benevola nei nostri confronti e comunque quasi sempre degna di essere vissuta, richiedono varie attitudini: elasticità, apertura mentale, adattamento a situazioni multifattoriali. Sarà per questo che mi è piaciuto partecipare sabato scorso ad una gara di triathlon a Portovenere. Mi è piaciuto nuotare in mare, ogni tanto tirando fuori la testa dall'acqua per tenere la direzione verso il traguardo, uscire e cominciare a pedalare, e poi correre... Durante gli ultimi due chilometri della frazione di corsa non ce la facevo più, ma mi piace pensare al fatto che c'ero anch'io, che potevo galleggiare, guidare un mezzo a due ruote, usare le mie braccia e le mie gambe. Insomma, per quanto problematico e faticoso, il triathlon mi ha dato una piccola sicurezza in più: quella di potermi spostare in modo polivalente contando solo sulle mie forze. In un'ora e ventisette ( che non è niente di speciale) ho attraversato mari, colline e strade. E poter dire: wow! ci sono anch'io in questo mare, in questa terra!

sabato 2 maggio 2015

Il profumo della città

Ieri stavo percorrendo in bici alcune vie del centro di Lucca, e sono stato investito da una serie di profumi.
Il profumo del pane e della focaccia appena sfornata, in via Santa Lucia,
e poi arrivato in via San Paolino, ho potuto sentire
l'odore di una zuppa toscana in preparazione,
di cornetti caldi,
del mastice e del cuoio di un calzolaio,
di altro pane caldo,
della macinazione del caffè.
L'odore acre di una copisteria,
l'inchiostro fresco di un giornale arrivato da poco,
il dolce amaro proveniente da una cioccolateria,
il legno frammisto a carta di una vecchia libreria,
il sapone di Marsiglia che una commessa usa per pulire la soglia del suo negozio di abbigliamento.
Ho sentito l'odore del lavoro,
dell'impegno quotidiano,
della necessità di reinventarsi tutto giorno dopo giorno.

Tanti anni fa siamo stati attratti dalle sirene del risparmio e della praticità dei centri commerciali, ci siamo cascati tutti. Dopo aver eliminato o fiaccato la concorrenza, la grande distribuzione regola e detta legge sui prezzi. Impone le nostre abitudini con i falsi sconti, sa cosa vogliamo e sa cosa farci desiderare, in base a precise regole di marketing.
E inoltre: in un centro commerciale, io non sento profumi.

martedì 28 aprile 2015

Madrelingua, di Julio Monteiro Martins(ciao Julio, dovunque tu sia)

Alcuni anni fa scrissi la recensione di Madrelingua, di Julio Monteiro Martins. La riporto qui sotto. Julio dallo scorso dicembre non è più tra noi, ma un pezzetto della sua anima alberga nel mio cuore. Ciao Julio, grazie per tutto ciò che mi hai regalato!!!

"...proprio mentre scrivevo queste righe, è morto mio padre. Ho ricevuto una telefonata dal Brasile la mattina dopo. Lorenzo mi dormiva accanto, sul lettone, e non si è svegliato. Avevo la sua stessa età, sei anni, quando sulle sabbie bianchissime della spiaggia di Icaraì guardavo mio padre che saltava dalla piattaforma più alta di un grande trampolino di cemento a forma di "v", in mezzo al mare.
Ero sempre circondato da belle ragazze affascinate, che mi chiedevano quale fosse il nome del mio papà, e lo applaudivano quando saltava. Ero fiero di lui, di avere un padre così bello e coraggioso. Con le braccia aperte, la testa alta, guardando dritto innanzi a sé, si gettava in un salto conosciuto come "l'angelo". Ma io temevo per lui, e mi angosciavo fino a che non vedevo la sua testa spuntare nuovamente dall'acqua, ormai vicina alla riva...."
Questo è solo un esempio di ciò che questo libro-contenitore racchiude in sé: lo scrittore apprende della morte di suo padre, e interrompe la narrazione, esponendo al lettore la sua perdita e un suo struggente ricordo d'infanzia. La narrazione del libro è continuamente interrotta. Già fin dalle prime battute ci si accorge della presenza di un altro narratore, racchiuso tra parentesi quadre, che commenta con ironia e disincanto. Queste parentesi sono spiazzanti, quasi fastidiose, finché non ci si abitua all'idea che oltre al lettore, l'autore, il narratore nascosto(di cui parla Giulio Mozzi qui), i personaggi del libro, ci sia anche un'ulteriore presenza: il narratore, appunto, tra le parentesi quadre. Il narratore tra le parentesi quadre commenta, e spesso espone i retroscena della narrazione, ciò che succede dietro le quinte; la trama viene via via smontata, e dà delle motivazioni di ciò che l'autore stia tentando di fare. In altre parole, interviene in senso "metaletterario": la narrazione che parla di sé stessa, la letteratura che parla di letteratura. Di tanto in tanto, le parentesi quadre compiono dei percorsi tortuosi, come se il "narratore tra le parentesi quadre" rivendicasse il sacrosanto diritto alla digressione.
Un passo che mi ha molto colpito, anche perché non ne ho mai sentito parlare, è a pagina 31. Qui è scattata l'attrazione tra due personaggi del libro, e l'autore, per spiegare la cosa che più piacesse a "lui" di "lei", si trova costretto a tradurre la parola brasiliana "sacanagem": "...Sacanagem è l'atmosfera complice che si crea tra due persone, silenziosamente, in cui prevale un'intensa comunicazione di carattere sessuale: una sorta di energia dell'istinto, del "mondo del basso"..., che irrompe dentro un rapporto formale, sociale, insipido...per dire che uno spirito lascivo, lubrico, carico di desiderio sessuale, pieno dell'urgenza di nascondersi da soli da qualche parte, è comparso e si è affermato senza parole tra due persone. E'...la figlia prodiga e gioiosa della colpa cattolica e del politicamente scorretto, la più piacevole delle trasgressioni...basta che si trovi uno sgabuzzino, una soffitta, un garage, un cinema quasi vuoto."
Il narratore si concede molte libertà, in questo libro, tra cui anche il fatto che la narrazione, già di per sè frammentaria, si interrompa bruscamente, e lascia il lettore sospeso, con la curiosità di sapere come diavolo andrà a finire.
Comincia una breve appendice, suddivisa in varie voci elencate in ordine alfabetico(nomi, luoghi, autori) comparse nel libro; tra queste c'è anche una interessante teoria suffragata da una citazione di Borges("il telefono è il peggior nemico dello scrittore"), che ipotizza una competizione tra l'energia verbale del contatto orale e quella della scrittura. In altre parole: se state al telefono con la vostra cara amica per un'ora di seguito, difficilmente quel giorno avrete energia per scrivere. La vostra "pulsione narrativa" si sarà disciolta, le parole a vostra disposizione per quel giorno saranno terminate. Alla fine dell'appendice, comincia un finale che assomiglia ai titoli di coda di un film, durante il quale la telecamera va a pescare i vari protagonisti della storia e attraverso delle sintetiche immagini, ci racconta che cosa sia successo.
E' anche un libro intertestuale: ci sono continui omaggi e riferimenti a libri e film. Tanto per citarvene uno: "Il Ponte Vecchio, su cui le vecchie case sembrano nidi, si infila come un nastro nero in una seta giallo-sole."(Rilke). E' un libro breve, novantanove pagine, ma proprio questa intertesualità può farvi esplodere il libro tra le mani, se avete la voglia di (ri)vedere e (ri)leggere ed ascoltare i film e i testi e le musiche di cui Julio parla nel corso del libro. Attraverso questa narrazione così strana e sperimentale, è come se conoscessimo un amico che ci parla davanti ad un bicchiere di vino dei suoi gusti artistici, delle sue delusioni e gioie in amore, della sua vita sociale e politica, della sua idea di bellezza, del suo disperato tentativo, appunto, di diventare a pieno titolo un "consumatore di bellezza", come tentano di fare - azzardo una presunzione - molti lettori che passano da queste parti.
Madrelingua, Julio Monteiro Martins, Besa Editrice.

lunedì 27 aprile 2015

Fare o pensare?

Nel 2008 aprii questo blog in occasione di un mio viaggio in Sicilia. Avevo quest'idea: attraversare l'isola seguendo una specie di diagonale interna, partendo da Trapani e arrivando a Milazzo dopo aver attraversato i Nebrodi, le Madonie e i Peloritani, in una settimana di viaggio, un fantastico viaggio in solitaria con la mia bicicletta. Aprii questo blog, dicevo, e scrissi le mie impressioni di viaggio giorno per giorno. Così facendo, però, dovevo alzarmi prestissimo ogni mattina per scrivere, e poi pedalare tutto il giorno. E' presumibile pensare che avrei potuto affrontare le mie giornate con maggiore freschezza, o con più tempo a disposizione per soffermarmi su quei meravigliosi paesaggi se non avessi dovuto scrivere ogni giorno. Nei miei successivi viaggi, ho preso scarni e frettolosi appunti, compensati da foto segnalibro dell'esistenza, per poi scrivere i miei resoconti una volta tornato a casa.
E quindi? Meglio vivere totalmente, o soffermarsi spesso a pensare cosa aver vissuto? Non lo so.
Questa vita è  probabilmente un sentiero stretto stretto,"questa vita che ti passa accanto ti saluta e fa bye-bye, questa vita un poco umida di pianto con i giorni messi male...", dove è meglio cercare di fare tutto ciò che è umano fare, rinunciando a qualche ora di sonno, cercando il tempo sia per vivere che pensare.
Da circa nove mesi dovrei fare una revisione del romanzo che ho scritto, certamente migliorabile, e trovo che la vita - il fare - mi impedisca di pensare. Vorrei avere il tempo per fare: tempo da trascorrere con i miei figli, tempo per viaggiare, fare l'amore con chi mi vuol bene, lavorare con coscienza e professionalità, correre, nuotare, andare in bici, vedere i miei amici, e tempo per pensare: praticare reiki, leggere, scrivere, guardare un film, suonare, rivedere il romanzo, e pensare alla vita che ho fatto, al tempo da me vissuto e costruito.

martedì 13 gennaio 2015

Librarsi, ancora

Il due dicembre scorso si è tenuta un'altra piacevole serata di lettura presso la biblioteca delle Oblate. I brani sono stati tutti molto intensi e significativi, e anche le motivazioni della lettura di ogni singolo brano sono risultate sempre interessanti e per niente banali. Stasera, il 13 gennaio 2015, si apre un nuovo anno di letture, confronti, riflessioni, letture, sempre alle 21,30 presso la biblioteca delle Oblate. Accorrete, care lettrici e lettori! Qui sotto vi riporto una sintesi dei brani letti la volta scorsa, buona lettura.

 Le dodici domande, di Vikas suarup, letto da Marco. Quattro ricchi studenti universitari non hanno più desideri, li hanno  soffocati sul nascere con i soldi, sempre resi disponibili dalle loro famiglie. Il protagonista povero sente il contrasto con la sua vita povera e densa di desideri.
Giorge Perec, Vita e istruzioni per l'uso, letto da Francesca. In questo brano si parla di un progetto che dura cinquant'anni, destinato a non lasciare traccia, che finisce con la disgregazione stessa del progetto. Un programma ristretto, ma che il protagonista condurrà fino in fondo, al cospetto "dell'inestricabile incoerenza del mondo".
Il canto della balena, di Corrado Sobrero, letto da Cristina. La descrizione del mare di notte con un pescatore, che si innesta in una efficace descrizione della famiglia del pescatore per terminare con una interessante metafora sulla memoria degli anziani, che attraverso lunghissime zampe arpiona i ricordi lontani, ma non trattiene quelli recenti.
Alberto Fiorillo, No bici, letto da Stefano. Qui si parla dell'ascensore, e si dimostra con rigore e una lieve ironia che l'ascensore batte tutti gli altri mezzi di trasporto in quanto a condivisione, ecologia, libertà e democrazia.
Dan Brown, il simbolo perduto, letto da Manuela. In questo brano ci si sofferma sul fatto che l'organo più sorprendente dell'uomo sia la mente, forse quello più contiguo all'idea del divino. E le potenzialità della mente, nel bene e nel male, sono enormi, al punto che avere dei pensieri distruttivi potrebbe risultare pericoloso.
La donna giusta, di Sandor Marai, letto da Toni. Si sottolineano alcuni aspetti della relazione amorosa: soprattutto in età matura, pare che la verità sia un aspetto essenziale dell'amore; inoltre il protagonista si spinge in una descrizione del letto degli amanti assimilabile ad un luogo selvaggio, un groviglio inestricabile di liane, denso di penombra, mistero, e fascino.

mercoledì 7 gennaio 2015

I ponti di Madison County. Per ballare ancora


Otto anni fa scrissi la recensione di questo libro nel sito della Bottega di Lettura; stasera mi sono imbattuto per caso nel film, che ho rivisto. Essendo quel sito ormai estinto, ho deciso di riproporvi quella recensione.

Sì, avete letto bene. In questa stimata bottega di lettura, il sottoscritto decide di scrivere una recensione su un libro quantomeno discutibile, "I ponti di Madison County" di Robert James Waller. Che ci volete fare, ognuno ha le sue debolezze. Lo lessi qualche anno fa, l'ho riletto in questi giorni, e in effetti - lo riconosco - il libro ha una sacco di difetti.
Difetti che però non sminuiscono il mio giudizio globale: a me il libro è piaciuto.
Ma cerchiamo di dire le cose con un po' di ordine, partiamo dall'inizio.
La storia si può riassumere in questi termini: un fotografo professionista, Robert Kincaid, si ferma a Madison County, nello Iowa, per fare un servizio fotografico su sette ponti coperti che si trovano in quella zona. Non riesce a trovarne uno, e si ferma presso una fattoria per chiedere indicazioni. Si imbatte in Francesca Johnson, e di lì a poco si instaura un legame profondo tra i due. Per quattro giorni vivranno una potente storia d'amore, complice l'assenza del marito e dei figli di Francesca, dopodichè non si vedranno mai più - Francesca non se la sente di lasciare il marito ed i figli - pur rimanendo entrambi legati per tutta la vita a quella breve ed intensa relazione.
Partiamo dai difetti.
A mio avviso, lo scrittore si preoccupa troppo di ingraziarsi il lettore americano un po' perbenista, e come può fare? Instillando nel lettore dei tranquillizzanti stereotipi che rendano inevitabile l'accadimento della storia. In altre parole, Francesca non ha scelta. E come si può fare per rendere inevitabile tutto questo?
1) Il fotografo, Robert Kincaid, deve risultare:
a) un gran figo: " a cinquantadue anni, il suo corpo era tutto muscoli che si flettevano con quell'intensità e quell'energia propria solo degli uomini che lavorano sodo e hanno buona cura di sè."(pag.42, edizione "I miti Mondadori"), "paragonati a lui, gli uomini che conosceva sembravano tutti goffi" (pag.101),"una creatura delle stelle..."(pag.102)
b)un fine conoscitore di poesie:"...Le mele argentee della luna/Le mele dorate del sole...W.B. Yeats"(pag.77)
c)dotato di rare virtù: "..Era un uomo sensibile, ma questo lei lo sapeva già(pag.98).." "Diversamente da come facevano tutti, non lasciò sbattere la porta schermata, ma l'accompagnò con la mano..."(pag.60)
d)unico, in via di estinzione: "...come lui ce n'era uno e uno soltanto."(pag.170)
Il punto 1d dovrebbe mettere al riparo da brutte sorprese tutti i mariti dello Iowa.
2)Francesca dev'essere:
a)bella, di una bellezza in sordina da valorizzare:"...Era deliziosa, o lo era stata un tempo, o forse avrebbe potuto esserlo di nuovo."(pag.32)
b)speciale:"...certe caratteristiche fisiche erano piacevoli, ma per lui a contare erano soprattutto l'intelligenza e la passione per la vita, la capacità di suscitare sottigliezze della mente e dello spirito..."(pag.55)
c)insoddisfatta:"...Immagino che dovrei dire - Certo. E'tranquillo qui. E la gente è simpatica.- E' tutto vero, o quasi...Ma...non è quello che sognavo quando ero ragazza."(pag.58)
I punti 2a e 2b servono ad indebolire le inibizioni morali di Robert, il punto 2c a rendere meno pesante il fardello dei sensi di colpa.
3)Richard, il marito, dev'essere:
a)assente, prima di tutto:"Richard e i ragazzi erano alla Illinois State Fair, dove presentavano il manzo da competizione..."(pag.43)
b)abitudinario:"...E Richard aveva paura dei cambiamenti, di ogni tipo di cambiamento, nell'ambito del loro matrimonio."(pag.109)
c)rigido e prevenuto:"...gli orecchini d'oro a cerchio che, secondo Richard, la facevano assomigliare a una sgualdrina..."(pag.61)
d)noioso: "...gli argomenti di conversazione erano il tempo, i prezzi dei prodotti agricoli..."(pag.69)
e)frettoloso:"[l'atto sessuale n.d.r.]...era sempre una faccenda rapida, statica e rudimentale..." (pag.85).
Insomma, questo Richard se l'è proprio voluta.
Abbiamo da una parte una specie di semidio, dall'altra una sorta di parafulmine che assorbe ed incarna i peggiori comportamenti maschili, e in mezzo Francesca. Sarebbe stato più coraggioso per l'autore delineare maggiore normalità: una normalità che non spiega fino in fondo perchè queste cose avvengano, una normalità che lascia la possibilità al lettore di introdurre le proprie ragioni, una normalità che lascia spazio alla scelta.
Ma ora parliamo di cosa funziona in questo libro.
Prima di tutto è interessante, a mio avviso, la struttura della narrazione, che si prefigge lo scopo di dare verosimiglianza al testo. La struttura si può suddividere nei seguenti punti:
1)Si inizia con una premessa, un incontro dell'autore con i figli di Francesca. Vogliono che la storia della loro madre venga allo scoperto, e cercano con una certa insistenza di convincerlo, nonostante l'imbarazzo iniziale che il ritrovamento dei diari e di una lettera aveva generato in loro.
2)Poi c'è il titolo del libro, come a sancire la verità di quanto detto nella premessa.
3)La storia vera e propria, che va avanti ed indietro nel tempo, fermandosi a lungo sul momento epico - a quei quattro giorni lunghi quanto una vita - e ad altre epoche successive in cui questa storia viene rivissuta attraverso i ricordi di Robert e di Francesca.
4)La morte di Richard, il marito, e la naturale esigenza di Francesca di ricercare Robert, nonostante siano passati molti anni. Ma non lo ritroverà.
5)La morte di Robert e l'invio, tramite rappresentante legale, dei suoi effetti personali a Francesca.
6)La morte di Francesca, e quel che consegue descritto al punto 1).
7)Il poscritto dell'autore, che parla della raccolta della documentazione per ciò che riguarda la vita e gli spostamenti di Robert, e dell'intervista fatta ad un sassofonista che lo ha conosciuto negli ultimi anni di vita.
In ogni punto della storia vengono circostanziati gli avvenimenti attraverso la produzione di documenti, o di testimonianze, o descrizioni di foto, come se l'autore fosse un mero strumento di riorganizzazione delle informazioni. E in tanti, alla fine, si domandano se tutto ciò sia realmente accaduto, al punto che il "National Geographic" tra le sue FAQ(le domande più frequentemente formulate dai frequentatori della sua homepage) ha inserito anche questa:
"- When will you publish the work of Robert Kincaid again? I’m anxious to see it after reading The Bridges of Madison County.
- Alas, the sexy, sinewy, middle-aged star of “Bridges,” portrayed by Clint Eastwood in the film that followed the book, is pure fiction. There is not, and never was, a photographer here named Robert Kincaid."
Insomma, la blasonata rivista si è vista costretta ad uscire allo scoperto per ufficializzare che Robert, il fotografo, non è mai esistito, che non ha mai lavorato presso la "National Geographic". Ma non ha una grande importanza, a mio avviso: Robert James Waller(avete notato? si chiama Robert pure lui, e fa il fotografo e lo scrittore, chissà...) è stato in grado di riprodurre un mondo, un mondo che si spalanca davanti agli occhi del lettore. In tal modo Robert e Francesca esistono davvero.
Francesca è la protagonista assoluta della storia, a mio avviso estremamente convincente, proprio perché il suo comportamento non è prevedibile fino in fondo.

E' lei che si offre di accompagnare Robert al Roseman Bridge: "Francesca Johnson si sorprese a dire: - Sarò lieta di mostrarglielo, se vuole -. Perchè avesse pronunciato quelle parole, non lo seppe mai con certezza."(pag.45)
E' lei che si alza nel cuore della notte, che prende la macchina per andare ad attaccare con una puntina un foglietto sul Roseman Bridge, dove Robert si sarebbe recato la mattina seguente:"- Se l'attira l'idea di un'altra cena "quando volano le falene", venga stasera dopo il lavoro. Qualsiasi ora andrà bene."(pag.93)
E' lei che decide di rimanere accanto a suo marito ed ai suoi figli:"...Soprattutto, manchi tu. Ma c'è questo mio maledetto senso di responsabilità...E mi odierebbero per quello che ho fatto"(pagg.134-135)
E' lei che immediatamente dopo aver fatto la sua scelta, si dispera:"...Tornò a voltarsi un istante prima che un folto d'alberi sul lato nordoccidentale della fattoria gli ostruisse la visuale, e la vide seduta per terra a gambe incrociate nel punto d'accesso al vialetto, la testa fra le mani."(pag.140)
E' lei che sta per cambiare idea, sta per tornare sulla sua decisione, senza però averne il coraggio necessario. Dopo il ritorno a casa del marito e dei figli, per puro caso Francesca e Richard vedono, qualche giorno dopo, il furgone di Robert fermo ad un semaforo (lei sa che sta per andarsene dallo Iowa, il suo lavoro è terminato): "Poteva ancora farcela. Scendi e corri ad aprire la portiera di Harry[Harry è il furgone di Robert N.d.R.], arrampicati tra gli zaini e i cavalletti...Ma non si mosse, guardando il lunotto posteriore con un'intensità che fino ad allora non aveva mai dedicato a nessuna cosa. Vide lampeggiare la freccia di sinistra; ancora un istante e sarebbe scomparso."(pag.143)

E' lei che riesce a dare un senso (ammesso che un senso debba per forza averlo). Nella lettera rivolta ai figli, che leggeranno dopo la sua morte, tornerà prepotentemente su quella scelta: "...Se non fosse stato per vostro padre e per voi due lo avrei seguito dovunque, senza esitazioni....Ma ecco l'aspetto paradossale: se non fosse stato per Robert Kincaid, non credo che sarei rimasta alla fattoria per tutti questi anni."(pag.170)
Aggiungo alcune frasi sparse del libro che mi sono, per motivi che non riesco a spiegare in modo comprensibile, rimaste particolarmente impresse:
"In seguito, le avrebbe detto che in un certo modo indefinibile ed inesplicabile, mentre la guardava sfilarsi gli stivali, aveva vissuto una delle esperienze più sensuali di cui avesse memoria. Il perché non aveva importanza. Non era questo il modo in cui si accostava alla vita. - L'analisi distrugge l'interezza. Ci sono cose, cose magiche, che devono restare intere. Se cominci a guardare le singole parti, svaniscono. - "(pag.55)
"-...ho continuato a precipitare dall'orlo di un luogo immenso ed altissimo. E in tutti questi anni, precipitavo verso di te.-"(pag.128)

"...Vivo con il cuore impolverato. Meglio di così non saprei metterla..."(pag.158)
"Stava lavorando a qualcosa in cui cercava di trasformare la musica in immagini. Mi disse: - John, hai presente quel riff che suoni quasi sempre nella quarta battuta di Sophisticated Lady? Bé, credo di essere riuscito a portarlo su pellicola, l'altra mattina...Vedevo il tuo riff mentre lo ascoltavo e premevo il pulsante di scatto."(pagg.180-181)
"[Francesca] Avrebbe voluto che quel ballo durasse per sempre...Stava diventando di nuovo una donna...Aveva ritrovato lo spazio per ballare ancora."(pag.122)

Ma c'è dell'altro che mi ha colpito di questa storia, che riguarda la natura del conflitto di Francesca.
Ho la sensazione, non suffragata da alcuna certezza, che il mondo sia pieno di storie del genere; è proprio la natura segreta di queste storie che rende impossibile la loro estrinsecazione e catalogazione, e proprio l'impossibilità di parlarne liberamente - da parte di chi, immagino, può aver vissuto situazioni del genere - rende la natura di questo conflitto e di questa narrazione estremamente interessante. Da qui la potenza della parola scritta che esce allo scoperto, che non si cura della morte di chi quelle parole ha inciso indelebilmente su carta.
Concedetemi per un attimo che questa mia sensazione vada nella direzione giusta: che una (cento, mille) "Francesca" si trovi di fronte al suo "Robert", lo possa riconoscere, possa vedere in lui una particolare affinità. Che succeda qualcosa con lui. E che si trovi di fronte ad una scelta difficile che coinvolge altre persone. Una scelta che inciderà pesantemente su tutto il resto della vita.
Purtroppo - per fortuna? - non esistono libretti di istruzioni che ti dicano cosa fare in situazioni del genere. Perché la valutazione degli interessi in gioco è estremamente difficile e soggettiva.
In questo caso Francesca ha scelto per il bene di suo marito e dei suoi figli, una scelta ammirevole.
Ma - facciamo un gioco, inventiamoci un altro finale per immagini - avrebbe potuto decidere diversamente.
Vediamo.
Sarebbe potuta scendere al volo di fronte allo sguardo inespressivo di Richard, saltare su quel furgone, e Robert avrebbe potuto accelerare per disimpegnarsi al più presto dall'incrocio - le luci posteriori del furgone che diventano sempre più piccole sulla strada nazionale, diritta ed interminabile - poi un ipotetico fermo immagine su quella strada e su quei due puntini rossi sbiaditi - sta piovendo - che non ci lascia intendere o prevedere altro, tutto sarebbe potuto accadere. Dissolvenza. Titoli di coda.
Forse non avrebbe funzionato, forse sarebbe tornata dopo qualche settimana dal marito e dai ragazzi.
Forse, invece, in mezzo a mille difficoltà, sarebbe rimasta aggrappata a Robert ed alla vita per strappare qualche brandello di felicità.
Per ballare ancora.