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venerdì 24 ottobre 2014

Cassa due


Non avevo voglia di preparare niente per cena.
Ero da solo, stanco di una giornata di lavoro fuori casa, con i tergicristalli che ritmavano una triste musica di Cohen, i fanali che foravano il buio, le ruote che friggevano l'acqua del nastro di asfalto, e tra poco sarei arrivato in una casa vuota, la mia. Decisi di deviare al mac Drive, appena fuori dell'autostrada. Il mangiare è uno schifo, si sa, ma mi avrebbe permesso di bypassare il tempo della cena, andare a letto prima, forse trovare le energie per leggere qualcosa di parcheggiato sul comodino ormai da troppo tempo.
Alcune auto in coda, poi è il mio turno.
"Buonasera, sono Valentina, cosa desidera?" Una voce accogliente e calda al tempo stesso.
"Buonasera. Mmm...Vorrei...un panino con filetto di pesce, una coca..."
"Facciamo il menù con le patatine?"
"Mmm...sì, va bene. E anche un Pizzarotto."
"Desidera altro?"
"No, grazie."
"Otto euro e novantacinque, cassa due"
Mi metto in fila, ho cinque auto davanti a me. Dopo la curva della corsia, vedo Valentina dietro una cabina interamente in vetro. Valentina ha gli occhiali in celluloide neri, il cappellino mac e le cuffiette col microfono, capelli biondi, mesciati, che cascano giù come spaghetti,  un aspetto gradevole nel suo insieme. Prende i soldi, dà il resto, saluta, sorride e quando la macchina riparte, Valentina deglutisce flettendo la testa in avanti, chiude gli occhi e riattacca a parlare al microfono, preme su un display accanto al registratore di cassa e sorride, risponde e conclude il suo discorso dicendo solennemente cassa due  - si vede bene dal labiale - e intanto porge lo scontrino al successivo e sorride prende i soldi dà il resto e saluta. Tra un'azione e la successiva c'è sempre un brevissimo intervallo in cui Valentina chiude gli occhi e deglutisce. Display e automobilista, sorriso e saluto. Via via che mi avvicino, vedo sul viso di Valentina un solco tra le labbra e le guance, sia a destra che a sinistra, che si accentua ogni volta che una macchina si allontana, in quell'impercettibile istante di sbraco, l'unico momento di autenticità del suo turno di lavoro. Valentina si preoccupa anche di chiudere il vetro scorrevole del suo gabbiotto ogniqualvolta l'auto riparte sgassando. Lo riapre prontamente non appena l'auto successiva si ferma accanto a lei. E riparte con il sorriso, la banconota, il resto. Ora Valentina appoggia il pollice e l'indice sulla radice del naso, quasi a pizzicarlo, occhi chiusi, inspira e riprende il discorso e il sorriso con l'automobilista di turno, gli consegna anche il sacchettone con le cibarie.
E' il mio turno. "Buonasera, sono otto euro e novantacinque", mi dice Valentina sfoggiando il suo sorriso a trentadue denti.
"A lei. La vedo stanca."
Valentina si gira verso di me, prima sorpresa, poi elabora una risposta politically correct." Beh sì, è stata una giornata faticosa, ma tra un'ora vado a casa."
"Bene"
Valentina mi dà il resto a dieci euro, e aggiunge:"Il Pizzarotto è in cottura, può parcheggiare più avanti che le porto tutto io?"
"Va bene."
Dopo un paio di minuti arriva Valentina, pantaloni verdi di ordinanza troppo larghi e maglietta arancione, mi porge il sacchetto dal finestrino.
"Anche lei mi sembra stanco."
"Già. Che fai, Valentina, studi?"
"Sto finendo l'università, mi mancano tre esami per la specialistica in lingue. Poi me ne andrò in Australia. Non vedo l'ora." Mi regala un altro sorriso.
"Ce la farai, Valentina, ne sono certo. Buona vita."
"Grazie. Anche a te."
Ripartii. All'orizzonte, direzione mare, si era aperto il cielo, e una nube aveva catturato la luce del sole già tramontato.

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