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lunedì 27 ottobre 2014

Librarsi a leggere in autunno

Il sette ottobre abbiamo letto, commentato, riso e ascoltato con attenzione i vari lettori del gruppo Librarsi. Serata bella, come sempre. Qui sotto un breve resoconto. Arrivederci alle Oblate il 4 novembre!

Francesca D. legge Marcovaldo di Calvino. Nel brano in questione Si videnzia il contrasto tra la poetica del protagonista che non ha occhi per la città che lo circonda, per tutto ciò che l'uomo ha creato, ma che invece è estremamente sensibile alle impercettibili presenze della natura che torna in città: qualche foglia, una buccia, dei funghi.  
L'asterione, un racconto tratto da L'Aleph, di Borges, letto da Francesca V. Si assiste all'Umanizzazione del punto di vista del mostro Minotauro, il mostro che bestia non è, che nutre una speranza, e cade in un equivoco: che i salvatori,che lui aspetta, in realtà non lo sono, e cade in un inganno, come molte vittime in realtà sono ingannate. C'è uno stravolgimento del punto di vista, ed il terribile mostro viene preso in simpatia dal lettore.
La città della gioia di Dominique La Pierre, letto da Anna. La vita di Calcutta, in una realtà completamente diversa dalla nostra. in ogni situazione c'è sempre la possibilità di cogliere la positività dalla vita, e si legge anche un approccio totalmente diverso rispetto al trattamento dei malati.
Più dolce delle lacrime, di Nafisa Haji, letto da Manuela. Si parla di cattiva religione, che sembra preservare un verbo, una regola, più che guardare a fondo nell'animo delle persone, e si parla anche degli occhi che si dovrebbero usare quando si va in un posto nuovo.
L'arte di perdere di Elisabeth Bishop, letto da Francesca C. Un poetico vademecum che ci fa imparare come ci si possa distaccare da tutto, o quasi: negli ultimi tre versi si afferma anche la possibilità di perdere la persona amata, ma con qualche indugio e tentennamento.
Giulietta, di Federico Fellini, letto da Cristina. Un brano indubbiamente "felliniano": una ballerina che scappa col nonno, forse in mongolfiera, che vola e fa volare...
L'eleganza del riccio, di Muriel Barbery, letto da Antonio. Si descrive Un concerto corale, in cui la somma delle voci è molto di più del numero dei coristi, in cui la protagonista avverte la magia e la bellezza che incontrano l'animo di coloro che si lasciano attraversare da queste voci.

venerdì 24 ottobre 2014

Cassa due


Non avevo voglia di preparare niente per cena.
Ero da solo, stanco di una giornata di lavoro fuori casa, con i tergicristalli che ritmavano una triste musica di Cohen, i fanali che foravano il buio, le ruote che friggevano l'acqua del nastro di asfalto, e tra poco sarei arrivato in una casa vuota, la mia. Decisi di deviare al mac Drive, appena fuori dell'autostrada. Il mangiare è uno schifo, si sa, ma mi avrebbe permesso di bypassare il tempo della cena, andare a letto prima, forse trovare le energie per leggere qualcosa di parcheggiato sul comodino ormai da troppo tempo.
Alcune auto in coda, poi è il mio turno.
"Buonasera, sono Valentina, cosa desidera?" Una voce accogliente e calda al tempo stesso.
"Buonasera. Mmm...Vorrei...un panino con filetto di pesce, una coca..."
"Facciamo il menù con le patatine?"
"Mmm...sì, va bene. E anche un Pizzarotto."
"Desidera altro?"
"No, grazie."
"Otto euro e novantacinque, cassa due"
Mi metto in fila, ho cinque auto davanti a me. Dopo la curva della corsia, vedo Valentina dietro una cabina interamente in vetro. Valentina ha gli occhiali in celluloide neri, il cappellino mac e le cuffiette col microfono, capelli biondi, mesciati, che cascano giù come spaghetti,  un aspetto gradevole nel suo insieme. Prende i soldi, dà il resto, saluta, sorride e quando la macchina riparte, Valentina deglutisce flettendo la testa in avanti, chiude gli occhi e riattacca a parlare al microfono, preme su un display accanto al registratore di cassa e sorride, risponde e conclude il suo discorso dicendo solennemente cassa due  - si vede bene dal labiale - e intanto porge lo scontrino al successivo e sorride prende i soldi dà il resto e saluta. Tra un'azione e la successiva c'è sempre un brevissimo intervallo in cui Valentina chiude gli occhi e deglutisce. Display e automobilista, sorriso e saluto. Via via che mi avvicino, vedo sul viso di Valentina un solco tra le labbra e le guance, sia a destra che a sinistra, che si accentua ogni volta che una macchina si allontana, in quell'impercettibile istante di sbraco, l'unico momento di autenticità del suo turno di lavoro. Valentina si preoccupa anche di chiudere il vetro scorrevole del suo gabbiotto ogniqualvolta l'auto riparte sgassando. Lo riapre prontamente non appena l'auto successiva si ferma accanto a lei. E riparte con il sorriso, la banconota, il resto. Ora Valentina appoggia il pollice e l'indice sulla radice del naso, quasi a pizzicarlo, occhi chiusi, inspira e riprende il discorso e il sorriso con l'automobilista di turno, gli consegna anche il sacchettone con le cibarie.
E' il mio turno. "Buonasera, sono otto euro e novantacinque", mi dice Valentina sfoggiando il suo sorriso a trentadue denti.
"A lei. La vedo stanca."
Valentina si gira verso di me, prima sorpresa, poi elabora una risposta politically correct." Beh sì, è stata una giornata faticosa, ma tra un'ora vado a casa."
"Bene"
Valentina mi dà il resto a dieci euro, e aggiunge:"Il Pizzarotto è in cottura, può parcheggiare più avanti che le porto tutto io?"
"Va bene."
Dopo un paio di minuti arriva Valentina, pantaloni verdi di ordinanza troppo larghi e maglietta arancione, mi porge il sacchetto dal finestrino.
"Anche lei mi sembra stanco."
"Già. Che fai, Valentina, studi?"
"Sto finendo l'università, mi mancano tre esami per la specialistica in lingue. Poi me ne andrò in Australia. Non vedo l'ora." Mi regala un altro sorriso.
"Ce la farai, Valentina, ne sono certo. Buona vita."
"Grazie. Anche a te."
Ripartii. All'orizzonte, direzione mare, si era aperto il cielo, e una nube aveva catturato la luce del sole già tramontato.