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lunedì 28 ottobre 2013

Fine stagione

 Fine stagione

"Avete già pensato all'ordinazione?"
"Sì. Io prendo spaghetti allo scoglio."
"Anch'io."
"Da bere?"
"Acqua. Naturale."
"Nient'altro?"
"No, grazie."
Lo sguardo di Claudio si divideva tra le ultime luci del tramonto sul mare, e il viso di Daniela. Il mare aveva perlopiù un colore livido, mentre alcune nuvole in cielo captavano una luce rossastra proveniente dal sole, quasi del tutto affondato all'orizzonte. Il viso di Daniela aveva una metà in penombra, quella più distante dalla veranda, mentre l'altra metà aveva il colore del cielo.
"C'ero rimasta un po' male."
"Lo so, scusami. Se puoi."
"Posso. Ma pensa anche al fatto che avrei potuto non fare in tempo a ricevere le tue scuse."
"Ci ho pensato. Avevo male interpretato un tuo sms. Mi avevi scritto che eri sempre circondata da parenti. E io non sapevo come tu potessi gestire il tuo telefono, vista la situazione. Poi Paolo, che mi immaginavo stesse lì con te."
"Esistono le mail."
"Sì, hai ragione. Eccome se esistono. Quante ce ne siamo scritte, anni fa. In effetti sono stato un cazzone."
"Lo penso anch'io, Claudio."
Daniela allungò la mano destra sul tavolino e frugò tra le dita di quella di Claudio, poi la strinse e accennò un sorriso.
"Ecco gli spaghetti." Le mani ritornarono ai rispettivi posti, mentre il cameriere disponeva la zuppiera al centro del tavolo, e riempiva i due piatti con un po' di spaghetti e un po' di gusci che emettevano uno suono simile alle nacchere, quando prendevano contatto con il fondo di porcellana.
"Buon appetito." Appena il cameriere si allontanò, Claudio lanciò qualche occhiata furtiva verso Daniela, che si apprestava a mangiare. Una di queste occhiate venne intercettata da Daniela.
"Ti starai domandando come io possa mangiare, che cosa senta." La voce di Daniela assunse un'andatura stanca, una specie di cantilena.
Claudio abbassò lo sguardo, non poté far altro che mangiare il più lentamente possibile la sua porzione.
"Mangio," riprese Daniela " mangio a piccoli bocconi, devo masticare molto, e non sento gran che i sapori. Poi come io faccia ad assimilare, è un mistero. Ma devo costringermi a farlo."
Claudio cercò di memorizzare, per quel momento e anche per altre occasioni, che sarebbe meglio non fare apprezzamenti sul cibo.
"Come è andata la scorsa settimana?"
"Da schifo. Ho diviso il mio tempo tra il letto e il divano. Non ce la facevo nemmeno a leggere, avevo la nausea, non riuscivo a capire dove fosse il soffitto e il pavimento." Daniela posò la forchetta e si passò una mano sulla fronte, imperlata di sudore. "E ieri sono stata a farmi visitare da un gastroenterologo a Genova."
"E?" accennò Claudio con voce flebile.
"E...ha visto la cartella e gli esiti dell'intervento. E' stato ottimista: mi ha alzato la probabilità di sopravvivenza a cinque anni, dal trenta al cinquanta per cento."
Claudio non sapeva se rallegrarsi per la buona novella o stare in silenzio. Alla fine decise per il silenzio.
"Ti va di finirlo, Claudio?" Più che una domanda era una supplica. Claudio scambiò il suo piatto vuoto con quello di Daniela a metà, e ricominciò la lotta con i gusci superstiti.
"Nelle settimane in cui non ho la chemio, ho fatto delle uscite di due-tre giorni con Paolo. E ho capito che per me la mezza pensione è un lusso, visto che mangio al massimo mezza portata. Inoltre subito dopo il pasto, devo rimanere un po' in albergo, per cercare di digerire. Senza stomaco e duodeno. Mi prende una sonnolenza imperiosa, come adesso...quando sono a casa mi sdraio."
"Che facciamo, allora?"
"No, finisci di mangiare, ti prego. E parliamo. Dimmi di te, così sto sveglia." Daniela accennò un sorriso.
"Mi sento ridicolo, Daniela. Di fronte ai tuoi problemi, i problemi miei, quelli degli altri non hanno senso."
"Lo so. Eppure, mi piace sapere di te. Mi piace sapere di vite normali. Rifuggo nella vita normale appena posso, ho ripreso anche a lavorare. I problemi dei miei pazienti mi divertono: litigi, separazioni, paure, sono comunque vita. E un poco di questa loro vita rifluisce in me. Ho bisogno di storie, non necessariamente belle.
Alterno una settimana di chemio ad una senza, fino alla fine di ottobre. Ecco, nella settimana "sì" cerco di dimenticare. Nonostante la dieta giornaliera me lo ricordi, nonostante la presenza di questo camicione nero in piena estate che non fa vedere l'agocannula, qui." Daniela si tocca il braccio sinistro. "Spesso dimentico. Mi basta un tramonto come questo, o una passeggiata lenta lenta sul lungomare. Un bel libro."
"Sei bellissima."
"Sono dimagrita, anche se avrei preferito essere sovrappeso."
"Sì, anch'io."
"E' buffo: ora che sono malata, avverto lo sguardo di molti uomini su di me."
"Quanto hai perso?"
"Tredici chili. Non mi sta più niente. Ho dovuto approfittare dei saldi per ricomprare tutti i vestiti. I saldi di fine stagione, un termine davvero azzeccato in questo caso. Alla cassa, il commesso mi ha detto sorridente: "Guardi, signora, che l'arancione andrà anche la prossima estate, anche questa gonna di seta è un amore, e questa maglia, poi...probabilmente il prossimo anno si rimetterà questi vestiti." Il prossimo anno. Se ci arrivo. Ti è venuto sonno anche a te?"
Claudio aveva abbassato lo sguardo e chiuso gli occhi per un attimo. "No, no, scusa...niente." Li aveva riaperti umidi di pianto.
Arrivò il cameriere, versò tutti i gusci nella zuppiera e sparecchiò. "Desiderate un secondo, un dolce?"
Daniela fece cenno di no, Claudio disse:" No, grazie. Per me un caffè. Tu?"
"No."
"Un caffè, allora, e il conto." Claudio stava sminuzzando una mollichina di pane, tra indice e pollice. Poi la ricompattava e ricominciava da capo. "Fino a quando la chemio?"
"Ce ne ho per tutta l'estate, sì e no, sì e no. Fino a metà ottobre. Poi a novembre mi rovesceranno come un calzino per vedere se ci saranno state recidive. E' come vivere in prima linea, con probabilità di sopravvivenza più basse." Daniela guardò dritta negli occhi Claudio, che si sentiva inadeguato alla situazione, e disse: "Ho lasciato il tuo telefono a Barbara. Nel caso che mi succeda qualcosa."
Uscirono in fretta, si accomodarono su una panchina del viale, prima del parcheggio. Daniela si era sdraiata supina , appoggiando la sua testa sulle gambe di Claudio, gli occhi chiusi.
"Ho sonno."
"Dormi."
"E' come vivere in prima linea, sì, ma tu sapessi come mi piacciono le licenze premio."
"Vedrai. A novembre ti congederanno. Niente più prima linea. Solo belle passeggiate e tramonti." Claudio le carezzava i capelli, che per fortuna non aveva perso.
Claudio avrebbe desiderato stare lì tutta la notte. Avrebbe desiderato stare lì, su quella panchina, fino a novembre. Daniela si era assopita. Il cielo si stava oscurando.

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