La ruota della fortuna
Mi
infilai, con un po' di fastidio per la scomoda posizione a gambe
larghe sul bidet e per la frizione che avvertivo, il tampax.
Proprio
quella sera dovevano venirmi, accidenti.. influivano negativamente
sul mio umore.
Mi
soffermai per un attimo con lo sguardo su quell'esile cordicella che
usciva da lì: in caso di emergenza mi ci sarei aggrappata, e forse
sarei potuta scendere, anche se "ogni abuso sarebbe stato
punito"..
Passai
al completamento della vestizione, che implica sempre delle scelte e
le scelte implicano sempre sofferenza.
Le
gonne corte espongono al desiderio maschile - era ciò che
volevo? -, i jeans danno un'aria adolescenziale -e quella sera non
era proprio il caso-, un tailleur conferisce un aspetto da tardona.
Terminai
infine lo studio anatomico davanti allo specchio, non molto convinta
per la scelta della giacca rossa, che sapeva un po' troppo di hostess
o di accompagnatrice, ma che si avvitava perfettamente sui miei
fianchi; decisi di tenerla, così come la gonna corta.
Ero
perplessa, ma molto determinata a uscire.
Tentai
di spolverare qualcosa di impalpabile: un sedimento di imbarazzo e
paura.
Mi
sedetti per un attimo, passai lentamente le mani sui collant, quasi a
cercare di volermi bene, e uscii di casa.
Lo
specchio dell'ascensore mi confermò un aspetto troppo rigido, dovevo
smussare i miei angoli e quelli della mia visione del mondo.
Il
garage sotterraneo esaltava il rumore metallico dei miei tacchi e
accresceva il mio senso di disagio e solitudine, non c'era anima
viva.
Tenevo
ben salda la mia borsetta - non avevo che pochi spiccioli e il
telefono, ma avevo lo stesso paura-, dopodiché la aprii e tirai
fuori le chiavi della macchina.
Prima
di partire di nuovo a guardarmi allo specchietto retrovisore: un
ritocco ai capelli, nel contempo cercai di riordinare le idee, ma
invano.
Agii
comunque secondo copione, mi diressi verso il centro, e forse mi
stavo allontanando dal mio; tuttavia nei viali, nell'aria
rinfrescante della sera - smog compreso - mi stavo rilassando.
Arrivai
sotto casa di Elena, stava scendendo. Un delicato profumo si diffuse
nella macchina. E la sua voce argentina contribuì ad una mia buona
disposizione d’animo.
-Cavolo
Barbara, che bella che sei stasera!-
-
Maddai ..solo stasera?-
Qualche
risatina, qualche smanceria e partimmo.
Le
diedi un'occhiata furtiva e sorrisi - me ne sorpresi, ero proprio io
che sorridevo dicendo: -Convinta, allora?-
-Certo,
e tu?-
...
-
Mmm.. sì. E' necessario, e forse sarà anche bello.
"Speriamo"
pensai, attraversata da ondate di dubbio.
Ormai
da tempo non nutrivo più le speranze di risentire il bello, di
provare un'esperienza appagante, emozionante, bella in una parola,
appunto.. Sentivo il dolore del distacco, avvertivo il vuoto, la
mancanza, sentivo quella sera di un anno fa. Sentivo il prima.
Prima
di quel campanello.
Alla
porta c'era un carabiniere.
-La
signora Contucci?-
-Sì?
Cosa..-
-..Senta,
dovrebbe venire con me, è per suo marito..-
-Gli
è successo qualcosa?-
A
distanza di tempo ripensai a come fosse stata idiota quella domanda:
un maresciallo con l'aria imbarazzata, alle nove di sera, a casa mia,
si era anche levato il cappello.. certo che gli era successo
qualcosa, in particolare gli era mancata l'aria, così come era
mancata l'aria alla ruota di un tir, salto di corsia e di lì passava
Mauro, fine.
Ma
per quanto idiota potesse essere, era la domanda della speranza
legata ad un filo, dell'illusione che a me cose del genere non
potessero accadere, mai. Mai.
Arrivammo
alla villa.
Si
sentiva la musica da fuori, c'era gente che fumava e qualche coppia
in disparte.
Sorrisi
che si sprecavano a destra e sinistra.
Entrammo
in un salotto, dove Stefano, il padrone di casa, ci accolse.
-
Macchesplendidefanciulle...buonaseeera, venite!-
Mi
stava venendo da vomitare, mi sentivo un non-senso vivente, ero fuori
luogo.
Mi
stupii di come avessi potuto credere che tutto questo fosse per me
necessario.
Passai
qualche minuto a sgranocchiare noccioline, nel complesso fu il
momento più intenso della festa.
Poi
trascorsi un po' di tempo a guardare il giardino.
Elena
era felicemente abbarbicata con un rappresentante, un venditore fino
al midollo, convinto fino in fondo, uno di quelli che raggiungono il
budget e che passano la serata a convincerti su qualsiasi cosa.
Invece
che di persona, preferii interromperla con il cellulare, non avrei
visto fili di saliva, almeno.
-
Senti Elena, io andrei, tu te lo trovi un passaggio?
-
Ma come, vai già via?-
-
Sì, non mi sento tanto.. allora lo trovi?-
-
Certo, certo.. buonanotte Barbara.-
Ero
fuggita, ma che importa? Avvertii qualcosa di buono, non capitava da
un bel pezzo. Non volevo tornare subito a casa. Guardavo di sbieco le
luci della città che si allontanavano, mentre a poco a poco la luna
piena riempiva e colorava di sogno la mia notte.
Un
sogno, quella notte. All'improvviso un rumore, la macchina se ne
stava andando per i fatti suoi, attraversai la mezzeria della strada
e percorsi con terrore un centinaio di metri contromano.
A
fatica la tenni in strada, ce la feci a fermarmi sul ciglio.
Ansimavo
con le mani incollate sul volante.
Una
ruota bucata, era di nuovo mancata l'aria, ma stavolta il mio di
soffio non se ne era andato. Stavo sentendomi in colpa anche per
quello, oltre che per aver litigato con lui quel giorno:
sopravvivevo, resistevo.
Tirai
fuori dal cruscotto il libretto di istruzioni, e andai al capitolo
"sostituzione di una ruota".
Uscii,
la luna era ancora lì.
Si
fermò una macchina.
-
Ha bisogno, signora?-
-
Direi di.. sì, se mi potesse aiutare, ho una gomma a terra..
Scese
un uomo, vestito piuttosto elegante, uno sguardo rassicurante, e
anche se le circostanze non erano delle migliori, sentivo di potermi
fidare. Anzi, mi sentii addirittura sollevata.
Aveva
un gran senso pratico, era gentile, tutto ciò di cui avevo bisogno
nel cuore della notte con una ruota da cambiare. Inoltre non credo,
visti i suoi sforzi, che ce l'avrei fatta a svitare quei bulloni.
-
Lei era alla festa di Stefano, vero? –
-..Sì,
ma come.. c'era anche lei?- Altra domanda idiota, pensai,
mordicchiandomi il labbro.
-
Sì, e come vede l'ho notata, viceversa lei non mi ha visto; quindi
ero un soprammobile come tanti..-
Una
risata, poi un po' di imbarazzo. Tentai di giustificarmi, ora lo
vedevo bene.
-
Con tutta quella gente, ci vuole fortuna per notare qualcuno..-
-
Che pizza, eh?-
-
Scusi?-
-
La festa, intendo..-
-
Ah, sì.. proprio una pizza!- risposi sollevata. Sorrise, e poi
anch'io, aveva un sorriso contagioso.
Intanto
stava stringendo l'ultimo bullone, e di lì a poco avrei dovuto
stringergli la mano.
Riguardai
la luna, era proprio bella: quel tondo mi fece pensare a qualcosa..
percepii una specie di uovo che stavo covando dentro di me, fatto di
ricordi, emozioni, dolori, gioie; compresi che quell'uovo avrebbe
potuto essere gettato nell'acqua bollente per rafforzarne il guscio e
tenermi tutto dentro, compresa la rassicurante immagine che mi stavo
costruendo oppure.. oppure ciò che stavo covando potesse
distruggerlo, quel guscio, e farne uscire un festoso pulcino,
indifeso ma straordinariamente vitale. La luna pareva dirmi qualcosa
in proposito.
-
Bene, è tutto a posto..-
Un
altro pensiero venne a galla: "Non può essere un caso che tu
sia qui.."
-
Senta.. senti, non potresti accompagnarmi per un pezzo?-
Il
suo sorriso si allargò.
Ripartimmo
in carovana, ci fermammo ad una piazzola.
-Lasciala
tu, Michele, ho voglia di guidare stanotte.-
Direzione
mare.
Il
mare è vita.
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