Martedì 6 marzo si è svolto il consueto incontro di lettura alla biblioteca delle Oblate di Firenze. Un incontro intenso, vibrante, a tratti leggero e in altri pesante come un macigno. Ma bello, come la vita.
Si è parlato di donne: donne acrobati, festaiole, ferventi protagoniste di maternità nonché di riserbo, testimoni di morte, donne figlie maltrattate fisicamente o psicologicamente da donne madri, donne spaccate, donne sull'orlo di una crisi di nervi, donne alla ricerca di una splendida felicità. Riporto qui sotto una infedele sintesi delle riflessioni sui brani letti.
Accabadora di Michela Murgia, letto da Donatella. Le donne sono protagoniste della nascita e ritualmente coinvolte nella morte; sono sempre vicine a questi momenti di passaggio. Si parla del ciclo delle maree, c'è una forte evocazione della cultura contadina, della sua saggezza. Sono pagine molto sentite per chi, vuoi per motivi anagrafici o contingenze della vita, avverte il bisogno di confrontarsi con la morte. C'è anche la sofferenza, il dolore per una persona che se ne va, ma anche un recupero della cultura dell'accompagnamento alla morte di una persona cara nel miglior modo possibile. Sono, in queste due pagine, maledette la nascita e la morte in solitudine. Si legge anche della complessità e della differenza tra la pietà di chi vede compiere una malvagità e il delitto di chi effettivamente la compie.
Pedalabile beat, di Massimo Fagioli, letto da Stefano. C'è un fermo immagine sulla profonda passione del protagonista per una ragazza. E' un tipo che non ha avuto il coraggio di palesare questa passione e uno qualsiasi - il primo che passa, verrebbe da dire - gliel'ha soffiata. Una situazione eternamente presente nell'immaginario collettivo maschile. Il tipo qualsiasi ha capito lo spirito della serata, ha colto l'occasione al volo, afferrato il desiderio della donna. In questo brano la donna non c'è, c'è solo di rimando, il narrato è focalizzato sulle sensazioni di lui. Sarebbe interessante un brano a parti rovesciate: con la voce narrante di lei che motiva la sua decisione di andare con il "tipo qualsiasi".
Possedere il segreto della gioia, di Alice Walker, letto da Toni. Più che la scrittura, lo stile, qui colpisce l'argomento. Una bambina che viene sottoposta a infibulazione; questa barbarie è praticata dalla mamma, che ha questo ruolo "privilegiato" nel villaggio. Il rapporto di fiducia, il legame profondo madre-figlia, la possibilità di credere ciecamente nel fatto che la madre desideri sempre e comunque il bene della figlia è distrutto da un coltello mezzo arrugginito e una pietra tagliente.
Fuochi, di Marguerite Yourcenar, letto da Martina. Qui c'è una donna acrobata, alla fine della sua vita artistica. Questa donna non può far altro che risplendere da sola di luce propria. Ci sono delle compagne circensi, che lei aiuta a volteggiare con le sue acrobazie, ma nessuna resiste più di tanto a dividere il cielo con lei. Questo volto fortemente femminile piange la sua giovinezza, allo stesso modo in cui piange una donna che scopre di essere stata tradita. Molto boheme. Questa donna non sta bene né in terra né in cielo, sta bene solo a metà tra terra e cielo. Ricorda le fattezze estremamente umane degli angeli dipinti da Chagall.
Spaccata, poesia di Solidea Ruggiero, letta da Benedetta. Parlando in prima persona vengono forniti dei tratti descrittivi che riescono a visualizzare una donna frammentata. C'è una donna dietro le quinte che presenta i suoi frammenti senza presentare la sua interezza. Si alterna la frase lunga in prosa a dei versi poetici, un modo retrò di esporre il proprio pensiero.
Genesi, poesia di Alda Merini, letta da Elena. Qui c'è la figura della donna che anela alla maternità. Un inno alla vita totale, ma non è un inno declamato da una donna giovane. Quasi si avverte la pesante esperienza del passato accompagnata dalla necessità, dalla certezza che niente più conta al mondo, in quel momento, di una maternità. La poesia si rivolge in seconda persona ad un interlocutore, all'esigenza di intrecciare con lui il rapporto che potrà placare questa sete di genesi.
Le parole per dirlo, di Marie Cardinal, letto da Francesca. Anche in questo caso l'oggetto della storia prevale sullo stile, sulla tecnica narrativa. C'è la riscrittura del suo percorso di psicanalisi della protagonista. Le parole sono il mezzo per ricostruire dei pezzetti di vita, la sua vita. Nel rinominare le cose lei si ricorda e rimette a posto i tasselli della sua storia, facendo questo lavoro di analisi. C'è una profonda riflessione sui rapporti familiari. Le parole danno vita alla scena, una serie di oggetti che danzano intorno alla sua memoria. E' stato sufficiente vedere il meccanismo per poterlo smontare. Ad esempio delineare il potere di sua madre per depotenziarlo.
Lentamente muore, poesia di Marta Medeiros, letta da Luca. Viene esposto il modo femminile, netto e radicale, per non morire. Al maschile si ricorre a maggiori compromessi; parafrasando Paolo Conte(autore di "Insieme a te non ci sto più"), nel modo maschile "si muore un po' per poter vivere". Nessuna delle singole cose, apparentemente banali e semplici, di questo elenco ha importanza, ma la loro sommatoria: viaggiare, ascoltare musica, leggere, trovare la grazia in sé stessi, avere il coraggio di capovolgere un tavolo, non passare il tempo a lamentarsi della propria sfortuna, e tanto altro ancora, una paziente ragnatela da tessere in ogni giorno della propria vita.
Ci vediamo alle 21,30 di martedì 3 aprile, sempre alle Oblate. Un sentito grazie alle splendide lettrici e lettori.
Si è parlato di donne: donne acrobati, festaiole, ferventi protagoniste di maternità nonché di riserbo, testimoni di morte, donne figlie maltrattate fisicamente o psicologicamente da donne madri, donne spaccate, donne sull'orlo di una crisi di nervi, donne alla ricerca di una splendida felicità. Riporto qui sotto una infedele sintesi delle riflessioni sui brani letti.
Accabadora di Michela Murgia, letto da Donatella. Le donne sono protagoniste della nascita e ritualmente coinvolte nella morte; sono sempre vicine a questi momenti di passaggio. Si parla del ciclo delle maree, c'è una forte evocazione della cultura contadina, della sua saggezza. Sono pagine molto sentite per chi, vuoi per motivi anagrafici o contingenze della vita, avverte il bisogno di confrontarsi con la morte. C'è anche la sofferenza, il dolore per una persona che se ne va, ma anche un recupero della cultura dell'accompagnamento alla morte di una persona cara nel miglior modo possibile. Sono, in queste due pagine, maledette la nascita e la morte in solitudine. Si legge anche della complessità e della differenza tra la pietà di chi vede compiere una malvagità e il delitto di chi effettivamente la compie.
Pedalabile beat, di Massimo Fagioli, letto da Stefano. C'è un fermo immagine sulla profonda passione del protagonista per una ragazza. E' un tipo che non ha avuto il coraggio di palesare questa passione e uno qualsiasi - il primo che passa, verrebbe da dire - gliel'ha soffiata. Una situazione eternamente presente nell'immaginario collettivo maschile. Il tipo qualsiasi ha capito lo spirito della serata, ha colto l'occasione al volo, afferrato il desiderio della donna. In questo brano la donna non c'è, c'è solo di rimando, il narrato è focalizzato sulle sensazioni di lui. Sarebbe interessante un brano a parti rovesciate: con la voce narrante di lei che motiva la sua decisione di andare con il "tipo qualsiasi".
Possedere il segreto della gioia, di Alice Walker, letto da Toni. Più che la scrittura, lo stile, qui colpisce l'argomento. Una bambina che viene sottoposta a infibulazione; questa barbarie è praticata dalla mamma, che ha questo ruolo "privilegiato" nel villaggio. Il rapporto di fiducia, il legame profondo madre-figlia, la possibilità di credere ciecamente nel fatto che la madre desideri sempre e comunque il bene della figlia è distrutto da un coltello mezzo arrugginito e una pietra tagliente.
Fuochi, di Marguerite Yourcenar, letto da Martina. Qui c'è una donna acrobata, alla fine della sua vita artistica. Questa donna non può far altro che risplendere da sola di luce propria. Ci sono delle compagne circensi, che lei aiuta a volteggiare con le sue acrobazie, ma nessuna resiste più di tanto a dividere il cielo con lei. Questo volto fortemente femminile piange la sua giovinezza, allo stesso modo in cui piange una donna che scopre di essere stata tradita. Molto boheme. Questa donna non sta bene né in terra né in cielo, sta bene solo a metà tra terra e cielo. Ricorda le fattezze estremamente umane degli angeli dipinti da Chagall.
Spaccata, poesia di Solidea Ruggiero, letta da Benedetta. Parlando in prima persona vengono forniti dei tratti descrittivi che riescono a visualizzare una donna frammentata. C'è una donna dietro le quinte che presenta i suoi frammenti senza presentare la sua interezza. Si alterna la frase lunga in prosa a dei versi poetici, un modo retrò di esporre il proprio pensiero.
Genesi, poesia di Alda Merini, letta da Elena. Qui c'è la figura della donna che anela alla maternità. Un inno alla vita totale, ma non è un inno declamato da una donna giovane. Quasi si avverte la pesante esperienza del passato accompagnata dalla necessità, dalla certezza che niente più conta al mondo, in quel momento, di una maternità. La poesia si rivolge in seconda persona ad un interlocutore, all'esigenza di intrecciare con lui il rapporto che potrà placare questa sete di genesi.
Le parole per dirlo, di Marie Cardinal, letto da Francesca. Anche in questo caso l'oggetto della storia prevale sullo stile, sulla tecnica narrativa. C'è la riscrittura del suo percorso di psicanalisi della protagonista. Le parole sono il mezzo per ricostruire dei pezzetti di vita, la sua vita. Nel rinominare le cose lei si ricorda e rimette a posto i tasselli della sua storia, facendo questo lavoro di analisi. C'è una profonda riflessione sui rapporti familiari. Le parole danno vita alla scena, una serie di oggetti che danzano intorno alla sua memoria. E' stato sufficiente vedere il meccanismo per poterlo smontare. Ad esempio delineare il potere di sua madre per depotenziarlo.
Lentamente muore, poesia di Marta Medeiros, letta da Luca. Viene esposto il modo femminile, netto e radicale, per non morire. Al maschile si ricorre a maggiori compromessi; parafrasando Paolo Conte(autore di "Insieme a te non ci sto più"), nel modo maschile "si muore un po' per poter vivere". Nessuna delle singole cose, apparentemente banali e semplici, di questo elenco ha importanza, ma la loro sommatoria: viaggiare, ascoltare musica, leggere, trovare la grazia in sé stessi, avere il coraggio di capovolgere un tavolo, non passare il tempo a lamentarsi della propria sfortuna, e tanto altro ancora, una paziente ragnatela da tessere in ogni giorno della propria vita.
Ci vediamo alle 21,30 di martedì 3 aprile, sempre alle Oblate. Un sentito grazie alle splendide lettrici e lettori.
4 commenti:
Serata ricchissima ed emozionante!
Grazie Toni per l'ottimo resoconto, al prossimo incontro propongo di 'rovesciare i tavoli' sui quali leggiamo di consueto.
Ricchezza nella ricchezza poter rivivere le serate di Librarsi attraverso i tuoi resoconti!
E' bello poi che rimanga una traccia di quanto è stato condiviso. Grazie
Riascoltare le parole pronunciate quella sera aggiunge ricordi e significati a quanto vissuto. Bello Toni, grazie e....
5 euro! ;)
La ricchezza è data dalle belle persone che compongono questo gruppo, per me sempre più importante. Grazie a tutti voi
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