Il prologo: come arrivare ad Irun, il punto di partenza del cammino. Dopo lunghi e preoccupanti studi di tratte aeree, orari, costi, decisi che il modo per me migliore per arrivare a Irun, sarebbe stato quello di prendere da Pisa un aereo per Charleroi-Bruxelles, e la mattina seguente di volare fino a Biarritz, distante 38 chilometri da Irun.
Aeroporto di Pisa, venerdì 24 giugno 2011. Eccomi qua, un bagaglio a mano, un bagaglio da imbarcare nella stiva dell'aereo, e la bici. Check-in.
"Guardi che lei non può partire così."
"Perché?"
"Le occorre un contenitore per la bicicletta, è nel regolamento."
"Lo so, ma negli ultimi viaggi in bici non ho più portato la sacca, è consuetudine che venga accettata così com'è. Anche poco fa ho visto in aeroporto un ciclista con la bici senza sacca. E poi me la dovrei portare dietro nel viaggio, è pesante."
La signora telefona, parla, poi abbassa il telefono. "Mi hanno detto che può andar bene, ma deve sgonfiare le ruote, girare il manubrio, togliere i pedali."
"Quanto tempo ho?"
"Mezz'ora, quando ha finito non le faccio rifare la fila."
"Grazie." Tiro fuori gli attrezzi, sgonfio le gomme, ok, allento le brugole del manubrio, ok, cerco di allentare le brugole e i bulloni dei pedali, niente da fare. Passano i minuti, niente. Alla fine mi arrendo. Prendo del nastro isolante e imballo i pedali più che posso. Torno dalla signora.
"Ce l'ha fatta?"
"I pedali no, ma li ho circondati di nastro..."
"Ma così non può viaggiare."
"La prego."
La signora alza il telefono sospirando, arriva un tipo che scuote la testa, guarda la bici, poi dice "Va bene", come l'uomo del monte. Il tutto a due minuti dalla chiusura per l'imbarco bagagli.
Arrivo a Charleroi, dopo un viaggio trascorso tra le braccia di Morfeo. Mentre sto facendo la fila per acquistare il biglietto dell'autobus per Bruxelles, un tipo si accomoda sulla bici che avevo appoggiato su un muro e comincia a spostarla con i piedi che spingono sul terreno, tipo monopattino. Esco dalla fila, mi metto davanti a lui e alla mia bici e gli urlo:
"La bici è mia!"
Il tipo dice in francese: "No, è mia!"
Sto per strattonarlo, quando lui mi sorride e mi dice: "Stavo scherzando!"
Questo scherzo non mi fa ridere per niente."Scendi dalla bici", dico. Lui scende bofonchiando delle frasi che non capisco, e se ne va canticchiando.
Arrivo a Bruxelles, alla Gare du Midi dopo 45 minuti di viaggio, recupero la bici dal bagagliaio dell'autobus, so che l'albergo che ho prenotato - l'unico che ho prenotato in questo viaggio - è in centro, a circa 5 chilometri da dove mi trovo. Ho intenzione di andarci in bici rimettendola in ordine. Tiro fuori gli attrezzi. Stringo il manubrio, tolgo il nastro dai pedali, cerco la pompa nel primo zaino, non c'è. Nel secondo zaino, non c'è. Nello zaino Invicta, non c'è. Dopo una nottata a fare bagagli, giungo alla conclusione che mi sono dimenticato la pompa. Carico le borse sulla bici, la porto a mano in cerca di un distributore. E'a cinquecento metri da lì, mentre cammino guardo la strada nella speranza di vedere un ciclista fornito di pompa. Faccio cenno a un paio di ciclisti, che mi ricambiano il saluto senza fermarsi. Arrivo al distributore, alla pompa che non ha il raccordo per la valvola della bici. Chiedo al benzinaio, mi dice che non ce l'ha. Provo a gonfiare lo stesso, niente, l'aria va dappertutto tranne che nella ruota. Torno in direzione centro, ripasso davanti alla gare du midi, fermo un ciclista che non ha la pompa. Mi indica un negozio di biciclette, devo attraversare la stazione e andare a sinistra una volta uscito. Così faccio. Dopo un quarto d'ora scorgo il negozio di bici: ha quattro vetrine, su una di esse c'è la silhouette gigante di un ciclista piegato in una curva, mi sembra un miraggio, è bellissimo. Aumento il passo, arrivo alla porta d'entrata. Non si apre. Mi appoggio con il naso al vetro e vedo che dentro ci sono tante bici, probabilmente anche tante pompe, ma non c'è nessuno. Sono le cinque e mezzo, il negozio avrebbe dovuto chiudere alle sei. Boh. Poi vedo un foglietto dietro il vetro che dice: "Per tutta la giornata di venerdì 24 giugno, questo negozio rimarrà chiuso." Comincio a vagare, con vaga direzione verso il centro. Ad un semaforo rosso vedo una ragazza in bici, ferma, con una pompa sulla canna. La raggiungo. Speranzoso, le chiedo in inglese se può prestarmi la pompa, gliela indico, poi indico le mie ruote. "No", mi risponde, e riparte col verde. Che ti prenda una diarrea per il week-end, penso.
Non so cosa fare. Ormai sono le sei, i negozi per le bici ormai chiudono, non posso fare cinque chilometri trascinandomi una bici con tre zaini. Vedo un centro di bici a noleggio, chiuso. Mi manca l'aria, e non solo alle ruote.
Mi trascino dentro la metropolitana per andare verso il centro, faccio delle scale mobili frenando a più non posso per evitare che la bici cada lungo i gradini come la carrozzina della Corazzata Potemkin. Riesco a evitarlo, ma in una di queste salite e discese perderò una lente degli occhiali da vista che avevo al collo, senza accorgermene. Arrivo alla fermata vicina alla grand place, mi occorrerà non poco tempo per avanzare nelle viuzze del centro gremite di turisti, fino ad arrivare all'albergo alle otto meno un quarto. Lego la bici su una transenna antistante la porta dell'albergo. Nemmeno loro hanno una pompa, pazienza. Faccio la doccia e mi precipito nella vicina gran place. Faccio delle foto a caso, cerco di distrarmi un po'. In fondo è solo una pompa."Chez Leon", mi ci vuole lui per consolarmi dalla giornata faticosa, ed entro per assaporare le squisite prelibatezze di pesce e di frutti di mare; dopo una buona cena entro in una cioccolateria e mi sfogo con assaggi qua e là. Ma mangiare da solo non è come in compagnia. Comunque. Dopo aver girato in lungo e in largo intorno alla gran place, torno in albergo con la testa alla pompa. Il taxi è la soluzione di domani, penso.
Sabato 25 giugno, le sette del mattino. Chiedo alla reception che mi chiamino un taxi abbastanza capiente per la bici per raggiungere la stazione degli autobus. Forse da queste parti la prima risposta è sempre no, a prescindere dal contesto, solo in un secondo momento si pensa al da farsi; la tipa dice che chiederà al centralino, ma non promette nulla. Il quale centralino risponde che mi manderanno entro cinque minuti un taxi molto capiente. Porto i bagagli fuori della porta, slego la bici che ha un solo lucchetto invece di due. Dopo il primo momento di smarrimento, la soluzione è evidente: durante la notte hanno cercato di fregarmi la bici, e dopo aver segato il primo catenaccio, se ne sono scappati, forse è passato qualcuno.
Il tassista è gentile. Sta piovendo. Alla radio c'è la canzone "Here's to you" di Joan Baez. Mi fa ricordare una accesa discussione tra mia sorella e mio padre su Sacco e Vanzetti, io ero un piccolo spettatore. Oggi darei ragione a mia sorella, riguardo alla certezza che i due anarchici fossero stati un capro espiatorio, ma indipendentemente da chi avesse ragione, comincio a pensare con nostalgia a mio padre che non c'è più. Penso seriamente al fatto che, indipendentemente dal suo orientamento politico, io a mio padre avrei fatto ricoprire qualsiasi carica istituzionale, perché mi sarei potuto fidare di lui, e i partiti talvolta non c'entrano niente. Spesso sono le persone, con le loro azioni, oneste e in buona fede, che possono generare del bene. Mio padre avrebbe potuto farlo, sì. La pioggia annacqua i miei ricordi. Oltretutto ieri era il 24 giugno, san Giovanni, il suo onomastico. Sono trascorsi trentatrè anni, mi manca ancora. Taxi autobus aereo (a Charleroi nessun problema per imbarcare la bici senza sacca, stessa compagnia aerea del volo da Pisa, la Ryan) e mi trovo all'aeroporto. Passa l'autobus per Biarritz paese, ma non mi fanno salire con la bici. Sono le 13 e mi trovo qui, fuori dell'aeroporto deserto con le ruote sgonfie, nessun ciclista e nessuna pompa in giro, senza sapere esattamente il da farsi.
Buen camino
Aeroporto di Pisa, venerdì 24 giugno 2011. Eccomi qua, un bagaglio a mano, un bagaglio da imbarcare nella stiva dell'aereo, e la bici. Check-in.
"Guardi che lei non può partire così."
"Perché?"
"Le occorre un contenitore per la bicicletta, è nel regolamento."
"Lo so, ma negli ultimi viaggi in bici non ho più portato la sacca, è consuetudine che venga accettata così com'è. Anche poco fa ho visto in aeroporto un ciclista con la bici senza sacca. E poi me la dovrei portare dietro nel viaggio, è pesante."
La signora telefona, parla, poi abbassa il telefono. "Mi hanno detto che può andar bene, ma deve sgonfiare le ruote, girare il manubrio, togliere i pedali."
"Quanto tempo ho?"
"Mezz'ora, quando ha finito non le faccio rifare la fila."
"Grazie." Tiro fuori gli attrezzi, sgonfio le gomme, ok, allento le brugole del manubrio, ok, cerco di allentare le brugole e i bulloni dei pedali, niente da fare. Passano i minuti, niente. Alla fine mi arrendo. Prendo del nastro isolante e imballo i pedali più che posso. Torno dalla signora.
"Ce l'ha fatta?"
"I pedali no, ma li ho circondati di nastro..."
"Ma così non può viaggiare."
"La prego."
La signora alza il telefono sospirando, arriva un tipo che scuote la testa, guarda la bici, poi dice "Va bene", come l'uomo del monte. Il tutto a due minuti dalla chiusura per l'imbarco bagagli.
Arrivo a Charleroi, dopo un viaggio trascorso tra le braccia di Morfeo. Mentre sto facendo la fila per acquistare il biglietto dell'autobus per Bruxelles, un tipo si accomoda sulla bici che avevo appoggiato su un muro e comincia a spostarla con i piedi che spingono sul terreno, tipo monopattino. Esco dalla fila, mi metto davanti a lui e alla mia bici e gli urlo:
"La bici è mia!"
Il tipo dice in francese: "No, è mia!"
Sto per strattonarlo, quando lui mi sorride e mi dice: "Stavo scherzando!"
Questo scherzo non mi fa ridere per niente."Scendi dalla bici", dico. Lui scende bofonchiando delle frasi che non capisco, e se ne va canticchiando.
Arrivo a Bruxelles, alla Gare du Midi dopo 45 minuti di viaggio, recupero la bici dal bagagliaio dell'autobus, so che l'albergo che ho prenotato - l'unico che ho prenotato in questo viaggio - è in centro, a circa 5 chilometri da dove mi trovo. Ho intenzione di andarci in bici rimettendola in ordine. Tiro fuori gli attrezzi. Stringo il manubrio, tolgo il nastro dai pedali, cerco la pompa nel primo zaino, non c'è. Nel secondo zaino, non c'è. Nello zaino Invicta, non c'è. Dopo una nottata a fare bagagli, giungo alla conclusione che mi sono dimenticato la pompa. Carico le borse sulla bici, la porto a mano in cerca di un distributore. E'a cinquecento metri da lì, mentre cammino guardo la strada nella speranza di vedere un ciclista fornito di pompa. Faccio cenno a un paio di ciclisti, che mi ricambiano il saluto senza fermarsi. Arrivo al distributore, alla pompa che non ha il raccordo per la valvola della bici. Chiedo al benzinaio, mi dice che non ce l'ha. Provo a gonfiare lo stesso, niente, l'aria va dappertutto tranne che nella ruota. Torno in direzione centro, ripasso davanti alla gare du midi, fermo un ciclista che non ha la pompa. Mi indica un negozio di biciclette, devo attraversare la stazione e andare a sinistra una volta uscito. Così faccio. Dopo un quarto d'ora scorgo il negozio di bici: ha quattro vetrine, su una di esse c'è la silhouette gigante di un ciclista piegato in una curva, mi sembra un miraggio, è bellissimo. Aumento il passo, arrivo alla porta d'entrata. Non si apre. Mi appoggio con il naso al vetro e vedo che dentro ci sono tante bici, probabilmente anche tante pompe, ma non c'è nessuno. Sono le cinque e mezzo, il negozio avrebbe dovuto chiudere alle sei. Boh. Poi vedo un foglietto dietro il vetro che dice: "Per tutta la giornata di venerdì 24 giugno, questo negozio rimarrà chiuso." Comincio a vagare, con vaga direzione verso il centro. Ad un semaforo rosso vedo una ragazza in bici, ferma, con una pompa sulla canna. La raggiungo. Speranzoso, le chiedo in inglese se può prestarmi la pompa, gliela indico, poi indico le mie ruote. "No", mi risponde, e riparte col verde. Che ti prenda una diarrea per il week-end, penso.
Non so cosa fare. Ormai sono le sei, i negozi per le bici ormai chiudono, non posso fare cinque chilometri trascinandomi una bici con tre zaini. Vedo un centro di bici a noleggio, chiuso. Mi manca l'aria, e non solo alle ruote.
Mi trascino dentro la metropolitana per andare verso il centro, faccio delle scale mobili frenando a più non posso per evitare che la bici cada lungo i gradini come la carrozzina della Corazzata Potemkin. Riesco a evitarlo, ma in una di queste salite e discese perderò una lente degli occhiali da vista che avevo al collo, senza accorgermene. Arrivo alla fermata vicina alla grand place, mi occorrerà non poco tempo per avanzare nelle viuzze del centro gremite di turisti, fino ad arrivare all'albergo alle otto meno un quarto. Lego la bici su una transenna antistante la porta dell'albergo. Nemmeno loro hanno una pompa, pazienza. Faccio la doccia e mi precipito nella vicina gran place. Faccio delle foto a caso, cerco di distrarmi un po'. In fondo è solo una pompa."Chez Leon", mi ci vuole lui per consolarmi dalla giornata faticosa, ed entro per assaporare le squisite prelibatezze di pesce e di frutti di mare; dopo una buona cena entro in una cioccolateria e mi sfogo con assaggi qua e là. Ma mangiare da solo non è come in compagnia. Comunque. Dopo aver girato in lungo e in largo intorno alla gran place, torno in albergo con la testa alla pompa. Il taxi è la soluzione di domani, penso.
Sabato 25 giugno, le sette del mattino. Chiedo alla reception che mi chiamino un taxi abbastanza capiente per la bici per raggiungere la stazione degli autobus. Forse da queste parti la prima risposta è sempre no, a prescindere dal contesto, solo in un secondo momento si pensa al da farsi; la tipa dice che chiederà al centralino, ma non promette nulla. Il quale centralino risponde che mi manderanno entro cinque minuti un taxi molto capiente. Porto i bagagli fuori della porta, slego la bici che ha un solo lucchetto invece di due. Dopo il primo momento di smarrimento, la soluzione è evidente: durante la notte hanno cercato di fregarmi la bici, e dopo aver segato il primo catenaccio, se ne sono scappati, forse è passato qualcuno.
Il tassista è gentile. Sta piovendo. Alla radio c'è la canzone "Here's to you" di Joan Baez. Mi fa ricordare una accesa discussione tra mia sorella e mio padre su Sacco e Vanzetti, io ero un piccolo spettatore. Oggi darei ragione a mia sorella, riguardo alla certezza che i due anarchici fossero stati un capro espiatorio, ma indipendentemente da chi avesse ragione, comincio a pensare con nostalgia a mio padre che non c'è più. Penso seriamente al fatto che, indipendentemente dal suo orientamento politico, io a mio padre avrei fatto ricoprire qualsiasi carica istituzionale, perché mi sarei potuto fidare di lui, e i partiti talvolta non c'entrano niente. Spesso sono le persone, con le loro azioni, oneste e in buona fede, che possono generare del bene. Mio padre avrebbe potuto farlo, sì. La pioggia annacqua i miei ricordi. Oltretutto ieri era il 24 giugno, san Giovanni, il suo onomastico. Sono trascorsi trentatrè anni, mi manca ancora. Taxi autobus aereo (a Charleroi nessun problema per imbarcare la bici senza sacca, stessa compagnia aerea del volo da Pisa, la Ryan) e mi trovo all'aeroporto. Passa l'autobus per Biarritz paese, ma non mi fanno salire con la bici. Sono le 13 e mi trovo qui, fuori dell'aeroporto deserto con le ruote sgonfie, nessun ciclista e nessuna pompa in giro, senza sapere esattamente il da farsi.
Buen camino
2 commenti:
E' da un pò che ti leggo e resto sempre affascinata dalla tua scrittura perchè riesci a trascinare il lettore fino in fondo alla storia con la stessa curiosità, al termine mista a dispiacere per essere già finita, con la quale egli si era approcciato ad essa. Le emozioni che descrivi riescono a oltrespassare il foglio ed a far sentire chi è al di là di esso parte dell'avventura. E' un piacere immenso essere catapultati in questo modo negli episodi della tua vita.
E' un piacere immenso sapere che al di là di qualche monitor, in qualche parte di mondo più o meno vicina, le mie parole possano trovare accoglienza e generare emozioni e suscitare riflessioni. Grazie
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