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martedì 14 settembre 2010

I cieli a Capo Nord















































Caelum, non animum mutant qui trans mare currunt. La saggezza del pantofolaio Orazio - da menzionare anche "parva sed apta mihi", iscritto sulla sua casetta - ci ricorda che è inutile andarsene a tremila chilometri da casa nella speranza di cambiare il proprio stato d'animo. In realtà il mio animo mi sembra un po' rasserenato - se non per merito del viaggio, forse sarà per un innalzamento della glicemia di cui non mi sono ancora accorto - comunque è certo il fatto che i cieli cambino tantissimo da queste parti. Pare che le nuvole viaggino molto velocemente(non ci sono tante terre, a queste latitudini) e inoltre le infinite ore di luce estive consentono di guardare un panorama che "mutat" di continuo, per giunta esaltato dalle varie angolazioni della luce del sole, perlopiù radente. E d'inverno lo spettacolo è garantito dalle aurore boreali, anche se su uno sfondo di freddo intenso e precipitazioni nevose.
Oggi è il ventinove giugno, martedì. Ho cieli a disposizione per tutto il giorno, e dovrò percorrere centoventotto chilometri in bici per arrivare vicino a Karasjok. Anche se dovrò pedalare per tante ore, approfitto del fatto che ho già prenotato per stasera e che il sole non tramonterà, per attardarmi al punto di partenza, Kautokeino, presso la casa-museo "Juhls Silvergallery" costruita dai coniugi Juhls, che hanno tratto ispirazione dalle forme dei monili del popolo Sami per creare i più disparati oggetti di gioielleria - perlopiù argento, ma utilizzano qualsiasi materiale - e anche sculture e pitture. Un bello spettacolo: la casa, concepita secondo morbide linee curve e pendenti, si integra perfettamente nel bosco alla periferia di Kautokeino; il suo interno è avveniristico ed accogliente al tempo stesso, e i gioielli fotografano e tramandano un artigianato che sarebbe andato altrimenti perduto: spirali infinite in bracciali e orecchini, giochi di colonne e piramidi che si tuffano in cerchi concentrici, lune e soli, e stelle. Bravi.
Esco dal museo alle 11,30, temo che arriverò tardissimo stasera. Pazienza. Anche volendo, non potrei far niente per arrivare prima. Mi fermo a comprare acqua, salame, due panini, e cinque "kvikk lunski", identici al kit-kat(chissà che non sia un boicottaggio dei norvegesi nei confronti della Nestlè).
Per tutto il viaggio percorrerò una valle incuneata tra monti e colline, scavata dalla forza di ghiacciai che hanno lasciato laghi e fiumi nel fondovalle. Il primo tratto di venticinque chilometri è in comune con la strada di arrivo di ieri, questo è un po' scocciante. I cieli però variano lo stesso, merito delle nuvole. Sono partito con un cielo plumbeo, via via si è alleggerito lasciando squarci di azzurro. Fa quasi caldo, e appena c'è caldo qui si scatenano le zanzare. Per fortuna non ce la fanno ad appoggiarsi su di me mentre pedalo, per cui è solo un fastidio psicologico: in certi punti dell'aria si vede scuro da quante ce ne sono. Anche il decorso del fiume varia di continuo: ci sono delle anse che hanno creato banchi di ghiaia enormi, oppure degli isolotti di sabbia, e a volte questi isolotti sono interamente tappezzati di alberi. Verso le quattro c'è sole pieno con qualche nuvoletta qua e là, la temperatura è mite, sui 17 gradi; sono solo le placche di neve sulle colline un po' più alte a ricordarmi dove mi trovo. A guardare simili panorami, a sentire la brezza sul viso, il sole che ti scalda le ossa, a sentire le gambe che si muovono bene, ascoltando lo scroscio dell'acqua e i rumori del bosco, a fare tutto questo, insomma, ringrazi il cielo di essere vivo. Di quante opportunità e quante bellezze la vita può riservare. a volte avverto la pesantezza di alcune situazioni della mia vita che mi inchiodano al suolo, in altre - come adesso - mi sento leggero e anche il mio fardello prende il volo.
Gli ultimi quindici chilometri prima di Karasjok sono dentro un fitto e fresco bosco, arrivo al bed and breakfast alle nove di sera. E, come in un brutto sogno, il proprietario mi annuncia che oggi non ha consultato internet e non ha visto la mia prenotazione. E ora non c'è posto. Prima opzione: mi propone, scusandosi, di arrivare in paese ad un altro bed and breakfast. Il paese è a sette chilometri da qui, sono stanchissimo e ho fame, non ce la faccio. Allora, seconda opzione: mi ospita in casa sua. Approvato, anche se mi sento un po' in imbarazza. Per stanotte dormirò nel mio sacco a pelo piazzato su pelli d'orso che tappezzano quasi interamente il suo parquet(qui tutto è legno, dalle stoviglie alle scale al tavolo massello al bidone al lampadario) in soggiorno. Mi offre della renna cotta alla brace, buonissima, la divoro in pochi minuti. Mi chiede se voglio unirmi al fuoco fuori, c'è una specie di festa con dei suoi parenti, mi tiro indietro per la stanchezza, vado a dormire, crollo. Mi sveglio più tardi, verso l'una di notte, sento delle risa ed urla di bambini. Mi affaccio alla finestra e vedo una decina di persone che fa il bagno in un ruscello(immagino la sua temperatura), accanto c'è pronta una gigantesca tinozza(di legno, ovviamente) con acqua fumante, immagino quasi bollente. Dopo pochi minuti i bagnanti(bambini, uomini, donne, immagino tutti parenti del padrone di casa, lui incluso) si accovacciano tutti insieme, sorridenti e festaioli, nella enorme tinozza.
Il sole è alto nel cielo.
Torno a letto di buonumore, il loro sorriso mi ha contagiato.

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