Da sinistra: io, Tommaso, Massimo e Carlo |
C'è sempre una prima volta.
E questa è la mia prima volta in cui ho corso in una gara ciclistica amatoriale su strada.
Il mio obiettivo era di arrivare sano e salvo all'arrivo, e possibilmente in compagnia di qualche compagno di strada. Obiettivi raggiunti. Poi, vabbé, il cronometro segna le quattro ore per 92 chilometri, e va benissimo così.
Avevo paura della partenza di più di duemila persone, soprattutto: bisogna avere quattro occhi per non volare in terra, ed è andata bene. Un'altra difficoltà: nella discesa e in pianura non sono abituato a correre in compagnia, con cambi frequenti per distribuire la fatica su tutti, e così non rimanevo attaccato alla ruota davanti per timore di toccare. Temevo, inoltre, della distanza chilometrica da percorrere. Insomma, timori di una cosa nuova, come un bimbo(di cinquant'anni) che ha paura ma allo stesso tempo è curioso di vedere l'effetto che fa.
Ormai le velleità agonistiche non fanno più per me, ma la sensazione di fatica che si prova in salita, in una lunga salita, sono sempre quelle, come quando correvo a piedi a vent'anni: le emozioni più forti, che assaporo ed ho assaporato con piacere. Vedo la elevazione progressiva, sempre più in alto e nei tornanti vedo una festosa e variopinta processione di biciclettte e ciclisti. Insomma, nuove sensazioni e quasi tutte positive.
E' bello sapere di muoversi con l'energia pulita delle tue gambe, di scambiare qualche chiassosa battuta con i compagni di strada, di incazzarsi per le folate di vento improvvise, di rallegrarsi della presenza di molte donne, di sentire come stanno i compagni di strada.
Sto scrivendo a ruota libera(lo so, triste battuta), cercando di ricordarmi quello che mi passava per la testa durante quelle quattro ore, e sorrido di tutto ciò. Mi lascia un buon sapore: questa progressione dal punto A al punto Z, passando per B, C, D.... e infine tornando ad A, provando paura, allegria, gioia, tristezza, momenti buoni e meno buoni, è una specie di metafora della vita: cercare di usare la testa, occhi aperti, freni efficienti(sapersi fermare quando è necessario), e buone gambe.
E se una ruota va a terra, pazienza: si aggiusta e si riparte.
Chi desiderasse vedere il profilo altimetrico e altri dettagli tecnici può cliccare qui.
E questa è la mia prima volta in cui ho corso in una gara ciclistica amatoriale su strada.
Il mio obiettivo era di arrivare sano e salvo all'arrivo, e possibilmente in compagnia di qualche compagno di strada. Obiettivi raggiunti. Poi, vabbé, il cronometro segna le quattro ore per 92 chilometri, e va benissimo così.
Avevo paura della partenza di più di duemila persone, soprattutto: bisogna avere quattro occhi per non volare in terra, ed è andata bene. Un'altra difficoltà: nella discesa e in pianura non sono abituato a correre in compagnia, con cambi frequenti per distribuire la fatica su tutti, e così non rimanevo attaccato alla ruota davanti per timore di toccare. Temevo, inoltre, della distanza chilometrica da percorrere. Insomma, timori di una cosa nuova, come un bimbo(di cinquant'anni) che ha paura ma allo stesso tempo è curioso di vedere l'effetto che fa.
Ormai le velleità agonistiche non fanno più per me, ma la sensazione di fatica che si prova in salita, in una lunga salita, sono sempre quelle, come quando correvo a piedi a vent'anni: le emozioni più forti, che assaporo ed ho assaporato con piacere. Vedo la elevazione progressiva, sempre più in alto e nei tornanti vedo una festosa e variopinta processione di biciclettte e ciclisti. Insomma, nuove sensazioni e quasi tutte positive.
E' bello sapere di muoversi con l'energia pulita delle tue gambe, di scambiare qualche chiassosa battuta con i compagni di strada, di incazzarsi per le folate di vento improvvise, di rallegrarsi della presenza di molte donne, di sentire come stanno i compagni di strada.
Sto scrivendo a ruota libera(lo so, triste battuta), cercando di ricordarmi quello che mi passava per la testa durante quelle quattro ore, e sorrido di tutto ciò. Mi lascia un buon sapore: questa progressione dal punto A al punto Z, passando per B, C, D.... e infine tornando ad A, provando paura, allegria, gioia, tristezza, momenti buoni e meno buoni, è una specie di metafora della vita: cercare di usare la testa, occhi aperti, freni efficienti(sapersi fermare quando è necessario), e buone gambe.
E se una ruota va a terra, pazienza: si aggiusta e si riparte.
Chi desiderasse vedere il profilo altimetrico e altri dettagli tecnici può cliccare qui.