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giovedì 21 ottobre 2010

I norvegesi, i cinesi e gli italiani







Quando facevo le scuole elementari, spesso ci raccontavamo barzellette che potessero mettere in risalto la furbizia del popolo italiano - ci illudevamo di essere i migliori - rispetto ai difetti di altri popoli. Se oggi dovessi inventare una storiella del genere, metterei ben altro in risalto. Ci provo.

Ci sono dei norvegesi che ogni anno vogliono premiare una persona nel mondo che si sia distinta in attività umanitarie, o che possa essere portatrice di pace. Il premio in questione è il premio Nobel per la pace. Questi norvegesi, un comitato eletto dal loro parlamento, hanno assegnato il premio Nobel 2010 per la pace a Liu Xiaobo, un cinese che ha promosso nel suo paese battaglie per i diritti civili ed umanitari, e che ora sta scontando una pena di undici anni in carcere per avere criticato aspramente il governo cinese in più occasioni.

I giudici cinesi che hanno condannato Lu Xiaobo dicono di lui:

... Liu Xiaobo

si è reso colpevole del reato di incitamento alla sovversione dell’ordine statale vigente e del sistema socialista, con una condotta ben oltre i confini della libertà d’espressione. Pertanto le istanze difensive presentate dall’imputato e dai suoi avvocati non possono essere accettate. Considerati entità, natura, circostanze e grado di pericolosità sociale del reato ascritto all’imputato Liu Xiaobo, la Corte, in conformità con gli articoli […] del Codice Penale della Repubblica Popolare Cinese,

giudica:

1) L’imputato Liu Xiaobo colpevole del reato di incitamento alla sovversione dell’ordine statale vigente, lo condanna a una pena di undici anni di detenzione e lo priva dei suoi diritti politici per dodici anni.[...]

Ci sono degli italiani che hanno accolto con tutti gli onori il 7 ottobre scorso il premier cinese Wen Jiabao, e hanno concordato con lui e il suo management l'obiettivo di raggiungere nei prossimi 5 anni l'interscambio di 80 -100 miliardi di euro. Bene. Siamo in crisi, e questi accordi commerciali daranno una briciolina di respiro in più alla nostra economia. Ma non una sola parola è stata detta sulla violazione dei diritti umani in Cina, su come questi favolosi fatturati dei cinesi vengano raggiunti, spesso imponendo lavori forzati(campagne di rieducazione) a dissidenti, professori, intellettuali, studenti (si parla di milioni di cinesi che lavorano gratis), inoltre sottopagando la manodopera, infischiandosene delle norme di sicurezza sul lavoro. Non una parola è stata detta sul partito unico, sulla assenza di libertà di stampa, sulla mancanza, di fatto, della libertà di espressione.

Anzi.

Un italiano, il presidente del consiglio Silvio Berlusconi, ha espresso un «apprezzamento ammirato» per il ruolo della politica internazionale della Repubblica Popolare Cinese. Il premier elogia la «molta saggezza» che c'è nelle relazioni internazionali della Cina la quale «si presenta sempre con la volontà di sedare tutti i contrasti e risolvere tutte le situazioni con grande saggezza e serietà» nel segno di quella che un ministro cinese ha definito una politica ispirata «all'armonia».

Quasi un paradosso temporale, dunque, l'annuncio di poche ore dopo, l'8 ottobre, dell'assegnazione del Nobel per la pace a Liu Xiaobo. Il gelo dei rapporti diplomatici minacciato da Pechino alla vigilia di questo annuncio non ha spaventato il comitato del Nobel.

Al gelo, evidentemente, i norvegesi sono abituati.

Viva i norvegesi. Viva Liu Xiaobo. Ci auguriamo che il dieci dicembre possa lui stesso ritirare il premio Nobel per la pace 2010.

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