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sabato 14 agosto 2010

Il buio. Verso Capo Nord













































Il buio.
Non è esperienza che si possa facilmente fare in estate, nel circolo polare artico. Il buio, semplicemente non c'è. Ma io me lo sono andato a cercare.
Nei tunnel per Nordkapp.
Sabato ventisei giugno sono partito da Skaidi in direzione nord-est, direzione mare. Un nuovo mare, un lunghissimo fiordo del Mar Glaciale Artico mi attende. Sono sempre in altopiano, c'è il sole e una temperatura sui diciotto gradi, che contraddice l'aspetto dei monti e colline circostanti tappezzate da placche di neve. Oggi percorrerò centoventi chilometri di solitudine, fino a Honningsvag, distante trentanove chilometri da Nordkapp. Gli alberi si diradano sempre di più, non vedo l'ora di raggiungere il mare. Mi piace la sensazione di passare da un mare all'altro, in questo caso tra un fiordo e l'altro, ma con la percezione di essere in una terra - in un'acqua, meglio - difficilmente definibile; qui si mescolano l'Oceano Atlantico, il Mar Glaciale Artico, il mare di Barents poco più in là, così come la Norvegia, la Finlandia e la Russia si compenetrano e si embricano intimamente. Quando raggiungo la costa, tutto si apre.
E' una follia staccarsi dal mare, mi viene da pensare.
Per ottanta chilometri non troverò altro che insenature, uccelli marini, due aquile e sole e vento e nuvole. Nonostante tutte queste visioni idilliache, oggi affronterò un'esperienza orribile, mai provata prima. Che avevo sottovalutato.
I tunnel, in bicicletta.
Me ne troverò quattro da attraversare. Dalla luce intensa dell'estate di queste latitudini al buio, un buio spettrale, accentuato dall'escursione termica(dai diciotto gradi di oggi ai sei-sette gradi dei tunnel).
Il primo, lungo due chilometri, più freddo degli altri tre, sovrastato da un monte con un ghiacciaio, che gocciola qua e là, con placche di calcare scivoloso sui bordi(un po' come le stalattiti).
Il secondo, di settecento metri, con un segnale inquietante all'entrata: non c'è illuminazione interna. Io ho un faretto davanti, due stop intermittenti dietro. Spero che tutto questo basti. Invece, esattamente a metà del tunnel, la mia luce anteriore è un punto in un magma solido di buio, procedo con terrore tirando a indovinare, mi trovo per un istante troppo nel mezzo della strada, per fortuna in quel momento non passano veicoli.
Il terzo, infinito, di 6,8 chilometri, che congiunge l'isola di Mageroya dove c'è Capo Nord, alla terraferma. Una discesa lunga e umida, che ti porta a più di duecento metri sotto il livello del mare, poi un plateau di qualche chilometro nella nebbia, e infine una salita al nove per cento che ti riporta in superficie. Ogni volta che passa un'auto o un pullman, tutto il tunnel fa un'eco progressivamente più forte, fino ad urlarti in modo insopportabile quando ti passa accanto. Nel tratto in salita ho un attimo di panico. Mi si sgancia la catena mentre inserisco un rapporto più morbido. Scendo, con la luce fioca della galleria riesco in poco tempo, per fortuna, a riagganciarla. E risalgo, fino alla luce.
Il quarto, inatteso, di quattro chilometri e quattrocento, mi accoglie quando la mia tensione nervosa ha esaurito tutta l'adrenalina. La mia paura è ormai stanca.
Sono sensazioni che ho provato, lo percepisco chiaramente, in qualche incubo notturno, con luci velate, freddo, umido, e il mio fiato dal respiro corto come sottofondo. Con una voglia di urlare, buttare la bici, e accucciarsi in un angolo del tunnel con la testa tra le mani.
E quindi uscimmo a riveder le stelle.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mi viene in mente ogni volta che viaggio in treno, è una vecchia canzone di un cantautore che ho molto amato e leggendo questo tuo testo è ritornata. s'intitola "Viaggio" e la canta Claudio Lolli, provo a lascarti il link
http://www.youtube.com/watch?v=3rBXPlrj5GI

ciao toni
lisa