Caro babbo,
ho tanto bisogno di scriverti ora, e lo sto già facendo. Lo so che ci siamo parlati ieri notte su Skype, ma sono così impaziente di dirti quello che mi è successo oggi, che non ce la faccio ad aspettare. E poi mi piace scriverti.
Stamani io e la mamma siamo usciti per andare in città. Avevo con me la scatola che mi aveva spedito la nonna e stavo con il naso incollato al finestrino della macchina a guardare.
La strada, l'erba, le persone che camminavano senza berretto, i colori; c'erano troppe cose da guardare, e poi il cielo. Era blu, blu come non ti so spiegare, blu come la casa del tuo amico Sven, ma il colore era sospeso in aria e verniciato in tutto il cielo. La mamma ha parcheggiato in una piazza, piazza Santa Maria, intorno c'erano delle belle case colorate come a Longyearbyen, e siamo saliti sulle mura. Mentre camminavo, sentivo il rumore dei sassolini sotto le scarpe, non gli scarponi, e camminavo sul bordo dove c'è l'erba, tenevo la scatola della nonna sotto il braccio. Ho visto le formiche che trasportavano pezzetti di foglie, bricioline di pane, tantissime formiche. E dei signori in bicicletta, tantissimi anche loro, come nella palestra, ma loro non stavano fermi sui rulli, no, anzi, si muovevano molto velocemente. Il mondo è meraviglioso.
Mi accorgo che non ce la faccio a dirti le cose in ordine come vuole la maestra Ingrid, vorrei dirlo pure a lei che cosa mi sta succedendo, anzi glielo dirò sicuramente. Comunque, ti stavo dicendo che siamo saliti sulle mura grandissime e robuste della città, e abbiamo fatto una lunga passeggiata. Dopo poco ho detto alla mamma di fermarsi, ho aperto la scatola e ho tirato fuori una foglia. Le foglie dell'albero erano uguali alla mia: con le punte come una stella, il rigo nel mezzo, il gambo in fondo. Quante volte l'avevo presa tra le mani! La mamma ne ha staccata una dall'albero e me l'ha data. Una foglia. La mia era secca e gialla, invece questa non faceva rumore a piegarla tra le mani, era verde, e aveva un profumo di fresco. La mamma mi guardava e rideva. Era una foglia di platano; l'ho appoggiata sul viso, era morbida morbida. Il platano è gigantesco, il tronco è marrone chiaro, ha le radici nodose e lunghe; è saldo nel terreno. Ho messo la foglia fresca nella scatola e abbiamo continuato a camminare.
Avevo caldo mentre camminavo, ero contento ed emozionato. Il vento era una specie di carezza della mamma, non tagliava la pelle. Mi sembrava che tutte quelle belle cose stessero lì per me, solo per farmi piacere, e io ridevo e ringraziavo il cielo e gli alberi e le formiche e le farfalle e i cani e i gatti e le biciclette e tutte quelle belle persone di esistere. E il sole. Mamma mia, come scaldava, e come era alto! Abbiamo continuato la passeggiata, e io sono ruscito a riconoscere e confrontare la foglia del tiglio, del leccio, del pioppo, dell'ippocastano. Il tiglio aveva i fiori gialli e un profumo buonissimo, che non so descriverti. Non riesco a parlarti degli odori, quelli vanno sentiti e basta, posso dirti che ne ho sentiti tanti. Anche la terra fresca. Alcuni fiori. L'erba. E poi il sapore dell'erba. Anche se la mamma non voleva, ho preso un filo d'erba e l'ho strizzato tra i denti. Aveva un sapore acidulo e allegro.
Io penso che le persone che stanno qui siano felici. Non manca loro niente. Eppure ho visto alcuni visi seri seri, forse anche tristi. Tristi come lo sono diventato ora, improvvisamente, da un secondo. Tutte quelle cose e persone che mi stavano intorno non possono far niente per la mia tristezza. Mi manchi, babbo. Forse a quelle persone tristi manca il loro babbo. Mi manchi tu e il vento polare, e i tramonti che durano un giorno intero, il giorno polare che dura quattro mesi e la notte polare, quella che dura quattro mesi. Mi manca anche quella. Le partite con te a Visual Game nelle notti che non finiscono mai; ora che ho rivisto gli alberi, quando mi capiterà la tesserina con la scritta "albero" non avrò più incertezze. La mamma non me l'ha detto, ma credo che lei non voglia più tornare da te alle Svalbard. Io sono orgoglioso di te, che fai un lavoro importante, che ti piace. Mi hai detto un giorno, serio serio, che studiare i cambiamenti del clima delle Svalbard è importante per tutto il mondo. Wow! mi sono detto, il mio babbo fa una cosa importante per tutto il mondo. Finite le vacanze estive, ricomincerò le scuole qui. Io spero che tu venga presto a trovarmi. Oggi ti ho spedito la scatola della nonna, con le foglie nuove. Ci ho scritto platano, e leccio, e pioppo, e ippocastano, e tiglio.
Voglio che tu venga presto a trovarmi, ti aspetto.
Ti voglio bene come da qui alle Svalbard e ritorno
Francesco
ho tanto bisogno di scriverti ora, e lo sto già facendo. Lo so che ci siamo parlati ieri notte su Skype, ma sono così impaziente di dirti quello che mi è successo oggi, che non ce la faccio ad aspettare. E poi mi piace scriverti.
Stamani io e la mamma siamo usciti per andare in città. Avevo con me la scatola che mi aveva spedito la nonna e stavo con il naso incollato al finestrino della macchina a guardare.
La strada, l'erba, le persone che camminavano senza berretto, i colori; c'erano troppe cose da guardare, e poi il cielo. Era blu, blu come non ti so spiegare, blu come la casa del tuo amico Sven, ma il colore era sospeso in aria e verniciato in tutto il cielo. La mamma ha parcheggiato in una piazza, piazza Santa Maria, intorno c'erano delle belle case colorate come a Longyearbyen, e siamo saliti sulle mura. Mentre camminavo, sentivo il rumore dei sassolini sotto le scarpe, non gli scarponi, e camminavo sul bordo dove c'è l'erba, tenevo la scatola della nonna sotto il braccio. Ho visto le formiche che trasportavano pezzetti di foglie, bricioline di pane, tantissime formiche. E dei signori in bicicletta, tantissimi anche loro, come nella palestra, ma loro non stavano fermi sui rulli, no, anzi, si muovevano molto velocemente. Il mondo è meraviglioso.
Mi accorgo che non ce la faccio a dirti le cose in ordine come vuole la maestra Ingrid, vorrei dirlo pure a lei che cosa mi sta succedendo, anzi glielo dirò sicuramente. Comunque, ti stavo dicendo che siamo saliti sulle mura grandissime e robuste della città, e abbiamo fatto una lunga passeggiata. Dopo poco ho detto alla mamma di fermarsi, ho aperto la scatola e ho tirato fuori una foglia. Le foglie dell'albero erano uguali alla mia: con le punte come una stella, il rigo nel mezzo, il gambo in fondo. Quante volte l'avevo presa tra le mani! La mamma ne ha staccata una dall'albero e me l'ha data. Una foglia. La mia era secca e gialla, invece questa non faceva rumore a piegarla tra le mani, era verde, e aveva un profumo di fresco. La mamma mi guardava e rideva. Era una foglia di platano; l'ho appoggiata sul viso, era morbida morbida. Il platano è gigantesco, il tronco è marrone chiaro, ha le radici nodose e lunghe; è saldo nel terreno. Ho messo la foglia fresca nella scatola e abbiamo continuato a camminare.
Avevo caldo mentre camminavo, ero contento ed emozionato. Il vento era una specie di carezza della mamma, non tagliava la pelle. Mi sembrava che tutte quelle belle cose stessero lì per me, solo per farmi piacere, e io ridevo e ringraziavo il cielo e gli alberi e le formiche e le farfalle e i cani e i gatti e le biciclette e tutte quelle belle persone di esistere. E il sole. Mamma mia, come scaldava, e come era alto! Abbiamo continuato la passeggiata, e io sono ruscito a riconoscere e confrontare la foglia del tiglio, del leccio, del pioppo, dell'ippocastano. Il tiglio aveva i fiori gialli e un profumo buonissimo, che non so descriverti. Non riesco a parlarti degli odori, quelli vanno sentiti e basta, posso dirti che ne ho sentiti tanti. Anche la terra fresca. Alcuni fiori. L'erba. E poi il sapore dell'erba. Anche se la mamma non voleva, ho preso un filo d'erba e l'ho strizzato tra i denti. Aveva un sapore acidulo e allegro.
Io penso che le persone che stanno qui siano felici. Non manca loro niente. Eppure ho visto alcuni visi seri seri, forse anche tristi. Tristi come lo sono diventato ora, improvvisamente, da un secondo. Tutte quelle cose e persone che mi stavano intorno non possono far niente per la mia tristezza. Mi manchi, babbo. Forse a quelle persone tristi manca il loro babbo. Mi manchi tu e il vento polare, e i tramonti che durano un giorno intero, il giorno polare che dura quattro mesi e la notte polare, quella che dura quattro mesi. Mi manca anche quella. Le partite con te a Visual Game nelle notti che non finiscono mai; ora che ho rivisto gli alberi, quando mi capiterà la tesserina con la scritta "albero" non avrò più incertezze. La mamma non me l'ha detto, ma credo che lei non voglia più tornare da te alle Svalbard. Io sono orgoglioso di te, che fai un lavoro importante, che ti piace. Mi hai detto un giorno, serio serio, che studiare i cambiamenti del clima delle Svalbard è importante per tutto il mondo. Wow! mi sono detto, il mio babbo fa una cosa importante per tutto il mondo. Finite le vacanze estive, ricomincerò le scuole qui. Io spero che tu venga presto a trovarmi. Oggi ti ho spedito la scatola della nonna, con le foglie nuove. Ci ho scritto platano, e leccio, e pioppo, e ippocastano, e tiglio.
Voglio che tu venga presto a trovarmi, ti aspetto.
Ti voglio bene come da qui alle Svalbard e ritorno
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