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sabato 23 luglio 2011

El camino del Norte 3: el pais Vasco








Domenica 26 giugno 2011, ore sei. L'albergue del pellegrino di Irun ha tutti i suoi occupanti già svegli, alle prese con gli zaini da riordinare e con la fila per l'unico bagno presente nell'appartamento. La signora che gestisce l'albergue  ha messo due moka da sei sul fuoco, e un gradevole odore di caffé si è diffuso in tutte le camere; ancora più gradevole è vedere l'apparecchiatura del tavolo con fette biscottate, marmellate e biscottini. Gratis. Prima di partire lascio un'offerta e prendo una conchiglia, la concha, simbolo del camino, che lego ad uno zaino. Mangio, saluto, ringrazio, e monto gli zaini sulla bici. Poi mi viene in mente che le ruote non sono gonfie al massimo. Il risultato di questa intuizione mi porterà ad un'ora di ritardo sulla partenza. La pompa più bella che avevo acquistato ieri a Decathlon  - carbonio, ultraleggera, ultraveloce nel gonfiaggio, ultracostosa - ha la guarnizione in gomma che perde, e invece di gonfiare mi ha messo a terra entrambe le ruote. La seconda pompa è ok, ma era predisposta per le valvole delle camere d'aria più voluminose, e mi ci vuole un po' per capire come ridurre il calibro dello sfiato della pompa. Si fanno le otto e venti, un po' di nervosismo da controllare, ma si parte, finalmente. Tramite stradine periferiche arrivo ad una zona di fabbricati industriali deserti, è domenica. Un continuo saliscendi, credo che i bookmakers in Spagna pagherebbero tranquillamente venti a uno chiunque scommettesse di trovare un ininterrotto chilometro di pianura s.l.m.; dopo un'ora arrivo sulle pendici di un colle, lo Jaizkibel che sale sui 350 metri e lambisce l'oceano, che intravedo di tanto in tanto sotto di me.  Ora c'è un attraversamento di bosco inframezzato da capannoni, e da piccolissimi centri abitati, che pian piano si ingrandiscono fino a raggiungere San Sebastian. In uno di questi c'è una chiesa barocca, di una pietra gialla calcarea del tutto simile a quella che possiamo vedere a Lecce, e sugli scalini ci sono i resti di una festa di matrimonio. Invece del riso, petali di rose. Dopo una lunga discesa raggiungo San Sebastian, mi imbatto in una ordinata periferia di viali alberati e brutti palazzoni, il mio tempo a disposizione non mi consente una deviazione verso il centro. Una gara ciclistica mi impedisce di puntare in direzione Bilbao, alla fine decido di percorrere un chilometro sul marciapiede per non suscitare le ire del solerte servizio d'ordine.  Cominciano le pendici del Monte Igueldo.  Inizio a risalire con gran lentezza, complice anche il caldo che raggiunge - per me inaspettatamente, dopo aver letto e sentito in questi giorni pistolotti e sermoni vari sulla freschezza del clima basco rispetto all'entroterra spagnolo - i quarantuno gradi. Mi sorpassa un ciclista che rallenta e mi chiede(è più o meno ciò che riesco a sentire): "Aundi vaci?". Improvvisamente la Calabria mi pare più vicina al popolo basco di quanto non lo sia ai romani. "Santiago!" "Oh! muy guapo! Buen camino!" Il ciclista mi sorride e se ne va, lasciandomi un po' di buonumore. Una volta risalito ai 400 metri, comincia una gradevole sequenza di baie a picco sul mare, che sconfinano nel bosco. Tutto questo per quindici chilometri, fino a raggiungere Orio, un bel paesino che si affaccia sull'estuario di un fiume.  Sono le sette, è tardi, e dopo l'ennesima coca-cola della giornata, decido che sia meglio fare qualche chilometro in più seguendo la costa, piuttosto che piegare verso Markina, nell'entroterra, come dovrebbe essere il cammino ufficiale per Santiago. Anche qui la strada sale e scende di continuo, ma perlomeno mi gusto un po' di oceano e non devo risalire a 500 metri di altitudine. Menomale che il sole qui tramonta alle dieci e mezza. Attraverserò Zumaia, Deba, Ondarroa, Leketio, tutti paesini che si affacciano sull'oceano, e la pietra, lo scoglio, abbozzi di isolette giocano con il mare, a disegnare pettini, spirali, cocuzzoli di roccia, calette, insomma una varietà di paesaggio marino davvero speciale. A Leketio si sale decisamente e si piega verso l'interno, verso Gernika, la destinazione di stasera. Sono le otto e mezzo, percorrerò altri venti chilometri di bosco, di solitudine e silenzi, in una luce smorzata di un tramonto che non finisce mai, raggiungendo Gernika prima delle dieci, un tempo che ritengo utile per alloggiare nell'albergue del pellegrino. Mi sbaglio: non accettano più pellegrini oltre le otto di sera. Mi lascio prendere dallo scoramento, ma la fame mi spinge a chiedere informazioni per un alloggio. Mi indicano l'hostal de Guernika, in centro. Lo raggiungo, suono. Non risponde nessuno. C'è un numero di telefono sul campanello. La signora che risponde, mi dice che devo raggiungere il ristorante Guernika per prendere le chiavi. Chiedo informazioni, due signori anziani mi mandano un chilometro più in là. Dopo altre richieste di informazioni, scopro che il ristorante era situato a venti metri dall'Hostal, dove mi trovavo prima. Non mi so decidere se sono più stanco o affamato, comunque entro in camera alle 22,30, faccio una doccia superrapida nel timore di trovare le cucine chiuse dei locali. Mangio alle undici una cena abbondante a base di zuppa di pesce, calamari ripieni e gamberoni al guazzetto. A mezzanotte sono di nuovo in camera, mi accorgo di essere l'unico essere umano nell'hostal, percorrendo un inquietante corridoio di parquet di legno scuro, stile shining. Se vedessi arrivare il bambino sul triciclo dal fondo del corridoio, mi addormenterei davanti a lui. Anche la paura si stanca.
Ho percorso centotrentun chilometri, e sono un po' stanchino.
Buen camino

giovedì 14 luglio 2011

El camino del norte 2: si parte!






Sabato 25 giugno, aeroporto di Biarritz. Sono le 13, dovrei iniziare il mio viaggio in bici, ma non posso. Ho le ruote sgonfie, non c'è nessun ciclista in giro, non ci sono negozi, e poi sarebbero chiusi a quest'ora. Dovrei aspettare le quattro, cercando di raggiungere un centro abitato con la zavorra di una bici al momento inutilizzabile e tre zaini del peso di 25 chili. Dopo un quarto d'ora di indugi, mi avvicino ad un tassista munito di station-wagon.
"Mi potrebbe portare a Biarritz?"
Lui mi guarda perplesso. "Problemi alla bicicletta?"
"Ho le ruote sgonfie. Non ho la pompa." Il tassista mi vede un po' imbarazzato per la mia dimenticanza e non infierisce."Se mi potesse portare davanti a un negozio di bici."
"E' sabato, forse non riaprono nel pomeriggio. Forse è meglio che rinunci alla pompa e ti faccia gonfiare le ruote in un centro di noleggio bici del comune."
"Va bene." Penso con timore alla possibilità di bucare in aperta campagna, a viaggio iniziato, senza pompa. Ma non posso certo aspettare lunedì.
Si carica la bici e gli zaini in macchina. Salgo e il tipo si avvia verso Biarritz.
Il tassista sta pensando. Dopo cinquecento metri inchioda e si volta verso di me.
Sorride ed esclama:"Anglet!"
"Eh?" faccio io.
"Oui! Anglet! Decathlòn! Anglet!"
"Decathlòn Anglet! Sì!" Quasi quasi vorrei abbracciare il tassista, non lo faccio.
Evviva! Evviva Decathlon, evviva tutte le multinazionali e tutti i centri commerciali che fanno orario continuato e lavorano per tutto il sabato! Evviva! Praticamente mi svendo per una pompa di bicicletta...
A quattro chilometri dall'aeroporto il tipo si ferma davanti al meraviglioso Decathlon, una specie di santuario pieno di meravigliose pompe per bici. Ringrazio il tassista, gli dò cinque euro di mancia, lui ringrazia me e io ringrazio lui. Potremmo andare avanti per tutto il pomeriggio, ma devo partire.
Entro, compro due pompe (non si sa mai), una luce supplementare posteriore ed un lucchettone, che va a sostituire quello sparito a Bruxelles.
Gonfio le ruote, mi cambio sul retro di Decathlon, piazzo gli zaini e dopo circa un'ora posso partire. Costantemente verso ovest, una volta raggiunto il mare. Staccarsi dal mare sarebbe una follia. Raggiungo Biarritz, sotto il sole pomeridiano che rallegra i bagnanti su una lunga spiaggia, e anche me. Giornata stupenda, fa caldo ma non troppo. La costa è frastagliata e ci sono numerose calette non facilmente accessibili, belle anche per questo. Nel vicino entroterra, più a sud, le pendenze e le altitudini sarebbero tutt'altra cosa, ci sono i Pirenei. Dopo aver abbandonato Biarritz, mi aspettano altri due paesini: Bidart, Saint Jean de Luz(in due giorni i richiami al nome Giovanni sono stati numerosi, curioso) e tanto mare. Dai monti vicini viene a trovarmi un'aquila, compagna costante dei miei viaggi, che mi viene a trovare e volteggia per qualche minuto sopra di me. Si avvita nell'aria per il solo piacere di farlo, e poi perché nessun altro uccello sa volare così alto come lei.
Raggiungo il confine tra Francia e Spagna, solcato dal profondo estuario del fiume Bidasoa, attraversato da un ponte, un tempo(ma maggiormente sui vicini Pirenei) costante conflitto tra contrabbandieri e doganieri, oggi depotenziato dal trattato di Schengen. Nel 1986 al confine tra Spagna e Francia fermarono me e Laura, la mia ragazza, per un tempo abbastanza lungo per cercare del fumo che non avevamo, per il semplice fatto che stavamo viaggiando con una R4 bianca con l'adesivo di Jim Morrison attaccato sul retro. C'è comunque anche oggi un cambio in questo confne. Di suoni, di colori di case, di tratti somatici, di appartenenza. Comincia la Spagna, in particolare i paesi baschi, che parlano e vivono a loro volta diversamente dal resto della Spagna. Sono le sette e mezzo e mi trovo a Irun, il mio punto di arrivo di oggi, che in realtà è il punto di partenza del Camino del Norte. Mi fermo all'albergo del pellegrino, e mi trovo a dormire come in una barzelletta delle scuole elementari: un canadese, un francese, un inglese, un tedesco e un italiano. Una signora molto gentile mi spiega il volontariato di Irun per gestire questo aubergue. Ogni settimana viene gestito da una persona diversa, per tutto l'anno. La biancheria, un caffé alla mattina, l'assegnazione dei letti, le notizie sul Camino. Tutta questa accoglienza disinteressata dal dio denaro mi dà una bella sensazione.
Domani, all'alba, si comincia sul serio.
Buen Camino
 

sabato 9 luglio 2011

El camino del Norte 1, ovvero: mi manca l'aria




Il prologo: come arrivare ad Irun, il punto di partenza del cammino. Dopo lunghi e preoccupanti studi di tratte aeree, orari, costi, decisi che il modo per me migliore per arrivare a Irun, sarebbe stato quello di prendere da Pisa un aereo per Charleroi-Bruxelles, e la mattina seguente di volare fino a Biarritz, distante 38 chilometri da Irun.
Aeroporto di Pisa, venerdì 24 giugno 2011. Eccomi qua, un bagaglio a mano, un bagaglio da imbarcare nella stiva dell'aereo, e la bici. Check-in.
"Guardi che lei non può partire così."
"Perché?"
"Le occorre un contenitore per la bicicletta, è nel regolamento."
"Lo so, ma negli ultimi viaggi in bici non ho più portato la sacca, è consuetudine che venga accettata così com'è. Anche poco fa ho visto in aeroporto un ciclista con la bici senza sacca. E poi me la dovrei portare dietro nel viaggio, è pesante."
La signora telefona, parla, poi abbassa il telefono. "Mi hanno detto che può andar bene, ma deve sgonfiare le ruote, girare il manubrio, togliere i pedali."
"Quanto tempo ho?"
"Mezz'ora, quando ha finito non le faccio rifare la fila."
"Grazie." Tiro fuori gli attrezzi, sgonfio le gomme, ok, allento le brugole del manubrio, ok, cerco di allentare le brugole e i bulloni dei pedali, niente da fare. Passano i minuti, niente. Alla fine mi arrendo. Prendo del nastro isolante e imballo i pedali più che posso. Torno dalla signora.
"Ce l'ha fatta?"
"I pedali no, ma li ho circondati di nastro..."
"Ma così non può viaggiare."
"La prego."
La signora alza il telefono sospirando, arriva un tipo che scuote la testa, guarda la bici, poi dice "Va bene", come l'uomo del monte. Il tutto a due minuti dalla chiusura per l'imbarco bagagli.
Arrivo a Charleroi, dopo un viaggio trascorso tra le braccia di Morfeo. Mentre sto facendo la fila per acquistare il biglietto dell'autobus per Bruxelles, un tipo si accomoda sulla bici che avevo appoggiato su un muro e comincia a spostarla con i piedi che spingono sul terreno, tipo monopattino. Esco dalla fila, mi metto davanti a lui e alla mia bici e gli urlo:
"La bici è mia!"
Il tipo dice in francese: "No, è mia!"
Sto per strattonarlo, quando lui mi sorride e mi dice: "Stavo scherzando!"
Questo scherzo non mi fa ridere per niente."Scendi dalla bici", dico. Lui scende bofonchiando delle frasi che non capisco, e se ne va canticchiando.
Arrivo a Bruxelles, alla Gare du Midi dopo 45 minuti di viaggio, recupero la bici dal bagagliaio dell'autobus, so che l'albergo che ho prenotato - l'unico che ho prenotato in questo viaggio - è in centro, a circa 5 chilometri da dove mi trovo. Ho intenzione di andarci in bici rimettendola in ordine. Tiro fuori gli attrezzi. Stringo il manubrio, tolgo il nastro dai pedali, cerco la pompa nel primo zaino, non c'è. Nel secondo zaino, non c'è. Nello zaino Invicta, non c'è. Dopo una nottata a fare bagagli, giungo alla conclusione che mi sono dimenticato la pompa. Carico le borse sulla bici, la porto a mano in cerca di un distributore. E'a cinquecento metri da lì, mentre cammino guardo la strada nella speranza di vedere un ciclista fornito di pompa. Faccio cenno a un paio di ciclisti, che mi ricambiano il saluto senza fermarsi. Arrivo al distributore, alla pompa che non ha il raccordo per la valvola della bici. Chiedo al benzinaio, mi dice che non ce l'ha. Provo a gonfiare lo stesso, niente, l'aria va dappertutto tranne che nella ruota. Torno in direzione centro, ripasso davanti alla gare du midi, fermo un ciclista che non ha la pompa. Mi indica un negozio di biciclette, devo attraversare la stazione e andare a sinistra una volta uscito. Così faccio. Dopo un quarto d'ora scorgo il negozio di bici: ha quattro vetrine, su una di esse c'è la silhouette gigante di un ciclista piegato in una curva, mi sembra un miraggio, è bellissimo. Aumento il passo, arrivo alla porta d'entrata. Non si apre. Mi appoggio con il naso al vetro e vedo che dentro ci sono tante bici, probabilmente anche tante pompe, ma non c'è nessuno. Sono le cinque e mezzo, il negozio avrebbe dovuto chiudere alle sei. Boh. Poi vedo un foglietto dietro il vetro che dice: "Per tutta la giornata di venerdì 24 giugno, questo negozio rimarrà chiuso." Comincio a vagare, con vaga direzione verso il centro. Ad un semaforo rosso vedo una ragazza in bici, ferma, con una pompa sulla canna. La raggiungo. Speranzoso, le chiedo in inglese se può prestarmi la pompa, gliela indico, poi indico le mie ruote. "No", mi risponde, e riparte col verde. Che ti prenda una diarrea per il week-end, penso.
Non so cosa fare. Ormai sono le sei, i negozi per le bici ormai chiudono, non posso fare cinque chilometri trascinandomi una bici con tre zaini. Vedo un centro di bici a noleggio, chiuso. Mi manca l'aria, e non solo alle ruote.
Mi trascino dentro la metropolitana per andare verso il centro, faccio delle scale mobili frenando a più non posso per evitare che la bici cada lungo i gradini come la carrozzina della Corazzata Potemkin. Riesco a evitarlo, ma in una di queste salite e discese perderò una lente degli occhiali da vista che avevo al collo, senza accorgermene. Arrivo alla fermata vicina alla grand place, mi occorrerà non poco tempo per avanzare nelle viuzze del centro gremite di turisti, fino ad arrivare all'albergo alle otto meno un quarto. Lego la bici su una transenna antistante la porta dell'albergo. Nemmeno loro hanno una pompa, pazienza. Faccio la doccia e mi precipito nella vicina gran place. Faccio delle foto a caso, cerco di distrarmi un po'. In fondo è solo una pompa."Chez Leon", mi ci vuole lui per consolarmi dalla giornata faticosa, ed entro per assaporare le squisite prelibatezze di pesce e di frutti di mare; dopo una buona cena entro in una cioccolateria e mi sfogo con assaggi qua e là. Ma mangiare da solo non è come in compagnia. Comunque. Dopo aver girato in lungo e in largo intorno alla gran place, torno in albergo con la testa alla pompa. Il taxi è la soluzione di domani, penso.
Sabato 25 giugno, le sette del mattino. Chiedo alla reception che mi chiamino un taxi abbastanza capiente per la bici per raggiungere la stazione degli autobus. Forse da queste parti la prima risposta è sempre no, a prescindere dal contesto, solo in un secondo momento si pensa al da farsi; la tipa dice che chiederà al centralino, ma non promette nulla. Il quale centralino risponde che mi manderanno entro cinque minuti un taxi molto capiente. Porto i bagagli fuori della porta, slego la bici che  ha un solo lucchetto invece di due. Dopo il primo momento di smarrimento, la soluzione è evidente: durante la notte hanno cercato di fregarmi la bici, e dopo aver segato il primo catenaccio, se ne sono scappati, forse è passato qualcuno. 
Il tassista è gentile. Sta piovendo. Alla radio c'è la canzone "Here's to you" di Joan Baez. Mi fa ricordare una accesa discussione tra mia sorella e mio padre su Sacco e Vanzetti, io ero un piccolo spettatore. Oggi darei ragione a mia sorella, riguardo alla certezza che i due anarchici fossero stati un capro espiatorio, ma indipendentemente da chi avesse ragione, comincio a pensare con nostalgia a mio padre che non c'è più. Penso seriamente al fatto che, indipendentemente dal suo orientamento politico, io a mio padre avrei fatto ricoprire qualsiasi carica istituzionale, perché mi sarei potuto fidare di lui, e i partiti talvolta non c'entrano niente. Spesso sono le persone, con le loro azioni, oneste e in buona fede, che possono generare del bene. Mio padre avrebbe potuto farlo, sì. La pioggia annacqua i miei ricordi. Oltretutto ieri era il 24 giugno, san Giovanni, il suo onomastico. Sono trascorsi trentatrè anni, mi manca ancora. Taxi autobus aereo (a Charleroi nessun problema per imbarcare la bici senza sacca, stessa compagnia aerea del volo da Pisa, la Ryan) e mi trovo all'aeroporto. Passa l'autobus per Biarritz paese, ma non mi fanno salire con la bici. Sono le 13 e mi trovo qui, fuori dell'aeroporto deserto con le ruote sgonfie, nessun ciclista e nessuna pompa in giro, senza sapere esattamente il da farsi.
Buen camino 

martedì 5 luglio 2011

El camino del norte - Happiness is real only when shared

 Con questa immagine  - un'anticipazione, in gergo letterario - mi gioco la suspence del racconto che pian piano vi regalerò. Si sa come finisce: sono arrivato a destinazione, non mi ha schiacciato nessun camiòn, sono apparentemente intero, e sorridente. 
E così probabilmente calerà l'audience
Pazienza. 
Ma per un verso volevo rassicurare tutti gli amici con cui non mi sono fatto vivo che sono tornato sano e salvo, e per l'altro tanta è la felicità di quel momento che non riesco più a trattenerla. Anche adesso percepisco un rumore di fondo di quella felicità per quel big-bang che si è sprigionato davanti a quel cartello stradale.  Ho fatto il viaggio costantemente solo, ho parlato solo con gestori di albergues e ristoranti e dipendenti di uffici del turismo, sono stato in silenzio per la maggior parte del tempo di questo viaggio, e mi andava di farlo. Ora però voglio condividere questa mia felicità. Happiness is real only when shared, e la foto testimonia la felicità maturata progressivamente in ottocentosettantanove chilometri di viaggio. Per me straordinario, denso di sorprese, contrattempi, pericoli, ansie, fatiche, gioie, tante gioie. Che cercherò di raccontarvi pian piano. 
Buen camino